sabato 20 agosto 2011

contributo al chiarimento di alcuni miei dubbi


Chiunque frequenti gli ambienti letterari, reali o virtuali, si sarà imbattuto in Gilda Policastro.
Critica letteraria, romanziera, poetessa, ma soprattutto professionista della provocazione. Secondo alcuni, voce lucida della nuova letteratura italiana; secondo altri, un bluff su tutti i fronti.
Io ne sentii parlare per la prima volta un paio d'anni fa, su Nazione Indiana, dove un suo pezzo (secondo me, pura polemica da parrocchietta letteraria, condita da uno stile atrocemente contorto e da una spocchia ai limiti del tollerabile; ma questa, ovviamente, è la mia privata opinione, e lascia esattamente il tempo che trova) scatenò un dibattito alquanto ferocetto. Dibattito che, come quasi tutti i dibattiti webbici, aveva per argomento, sostanzialmente, il Nulla, e che quindi raggiungeva punte quasi sublimi di ridicolo. Oltretutto, ci furono pure degli strascichi.
Non ho letto il romanzo che la Policastro ha pubblicato l'anno scorso, per ragioni mie che non sto qui a spiegare, e quindi non ne parlo. Per chi fosse interessato, sul web si trovano parecchie recensioni e interviste, tutte a portata di Google.
Da tempo cercavo un esempio della sua poesia.
Eccolo (da qui). Giudicate da soli.


Hora

E chi si muove da terra Si sta così bene Non si sente dolore,
non si sente niente
Così vivono quegli altri, strisciando Senza illusioni Già pronti al
Ritorno
È bello qui Non si deve andare da nessuna parte Si può
rimanere fermi, e aspettare
Oppure anche solo rimanere fermi Stare così Insomma, senza
Attività
Quale sarebbe poi l’alternativa Andare in ospedale, oppure a
quella cena di amici
No, rimanere è senz’altro meglio Rimanere senza aspettare, senza
andare,
rimanere col dolore, e a poco a poco sperare, sperare che vada via,
ricominciare a respirare, ma senza la pretesa di alzarsi Rimanere
fermi, sdraiati
Ha una sua logica, è ordinato, risponde a uno schema
Lo schema dello stare, del rimanere Senza agitarsi, senza smanie
Quanti ora, a parte quegli altri, sono lì, in questa posizione
a fare questa cosa che non è un’attività, è solo stare
Probabilmente non tanti, ma qualcuno sì, qualcuno è a terra, così,
steso
coi palmi delle mani che aderiscono al pavimento Stare qui
perché nessuno te lo chiede, nessuno se lo aspetta, anzi,
qualcuno vuole che ti alzi, e, se stai male davvero, in ospedale
Ma se non stai male, allora, c’è quella festa
a cui bisogna subito andare Cambiarsi d’abito, mettersi il trucco
giusto,
le scarpe abbinate, il cappotto figo Andare, andare subito,
guardare gli altri con la faccia opportuna,
con le parole intonate, la rilassatezza domenicale Sorridere, sorridere
anche col dolore allo stomaco, che se era un dolore serio
a quest’ora ti trovavi in ospedale, invece sei lì,
e allora puoi rilassarti, goderti il vino, che al tuo stomaco
è come un colpo di frusta sulla schiena di un cavallo Le tartine,
mangia le tartine, hai ancora mal di stomaco, poi passa Ma no,
sento come un tappo, una puntura, non va giù nulla,
nemmeno l’acqua Mangia, guarda che poi i vestiti ti cadono di dosso
e non è normale Devi mangiare, dice così,
vuole che mangi, mangia E tu
rimani sdraiato, disteso
coi palmi a terra, dove non devi mangiare, non devi ridere,
non devi essere alla festa, non devi Puoi rimanere così,
sdraiato E chi si muove da terra
Si sta così bene:
non si sente dolore, non si sente niente
Senza illusioni, già pronti al ritorno È bello qui:
non si deve andare da nessuna parte
Si può rimanere fermi, e aspettare
oppure anche solo rimanere fermi
Stare così Già pronti al ritorno
È bello qui
Non si deve andare
da nessuna parte Si può rimanere fermi,
e aspettare
Si sta così bene
Non si sente dolore,
non si sente niente

(da "Antiprodigi e passi falsi", Transeuropa, Inaudita, 2011)

7 commenti:

amanda ha detto...

.............

antonio lillo ha detto...

però, è bona!

dinamo ha detto...

non mi interesso di critici letterari, ci mancherebbe perdere tempo anche con loro, ma, con tutti i limiti più volte notati, la Policastro in mezzo a tanto ciarpame, vedi il novanta per cento degli autori/critici di NI e degli altri siti letterari italiani più titolati, è una di quelli che ne escono colle ossa meno guaste.
Sul suo valore di poetessa, o scrittrice, dovremmo ragionare su altri tavoli, resta, per me, in questa arte, una ballerina (molto imporporata) di seconda fila

Marco Bertoli ha detto...

Ah! Non si sente dolore, non si sente niente, si può andare o restare, questa Gilda Asparago è la poesia che nelle antologie a venire si affiancherà alle prose del Nori e accoliti a rappresentarci. Prosit!

Marco Bertoli ha detto...

Comunque i sintomi sono del riflusso gastroesofageo. Son dolori, effettivamente.

sergio pasquandrea ha detto...

@antonio
sì, piuttosto carina in effetti. (e mi si chiami pure maschilista, adesso).

@marco
molto à la page. molto d'effetto. che poi, sotto la patina, non ci sia nulla, è irrilevante.

@dinamo
la policastro è un'intelligenza sprecata in cazzate. del resto, questo è più o meno il mestiere del critico letterario, oggi come oggi (e non solo oggi, temo).

natakarla ha detto...

Una paginetta di prosa (neppure di tanto contenuto) con qualche "a capo" quà e là, delle lettere maiuscole che seguono l'inizio di un suo pensiero che segue il precedente (finito chissà dove...).
E' piuttosto comune intrecciare amicizie con chi scrive su blog "importanti", di "spessore", per giocare a scambi di elogi, di celebrazioni, magari pure richiesti: "do ut des".
Ma sono loro le persone che vanno avanti, che sono conosciute, pubblicate; gongolanti e gonfie come palloncini per autocompiacimento.
I miei più sinceri auguri alla signora Policastro: per che cosa, però, lo tengo per me.
Carla