sabato 5 marzo 2011

recensioni in pillole 99 - "Il cacciatore nero"

Pierre Vidal-Naquet, Il cacciatore nero. Forme di pensiero e forme d'articolazione sociale nel mondo greco antico, Feltrinelli 2006 (386 pp., € 40)

Chiunque si sia occupato, anche tangenzialmente, della Grecia antica non può non aver incontrato il nome di Pierre Vidal-Naquet; ad esempio, nei fondamentali studi sulla tragedia pubblicati insieme a Jean-Pierre Vernant.
“Il cacciatore nero” (la cui edizione originale francese è del 1981) si presenta, all'apparenza, come una raccolta di saggi già pubblicati altrove e spazianti in ambiti piuttosto vari: la concezione dello spazio e del tempo nella Grecia arcaica; alcune figure sociali “marginali” nella società greca, quali l'adolescente, la donna, lo schiavo, l'artigiano; le teorizzazioni circa la città, nella quale ovviamente Platone fa la parte del leone.
Temi spesso astrusi per chi non abbia familiarità con le complesse questioni filologiche, archeologiche e storiche affrontate dall'autore, che da parte sua concede ben poco al lettore sprovveduto, mostrando tutto il fronte della sua vasta erudizione.
In realtà, “Il cacciatore nero” è un'opera profondamente unitaria, ma la sua unità si ritrova non tanto nei temi, quanto nella prospettiva teorica e metodologica adottata da Vidal-Naquet. Prospettiva esemplificata nel sottotitolo: “Forme di pensiero e forme d'articolazione sociale”.
Lo scopo è di trovare il punto d'unione tra la dimensione simbolica (il pensiero) e quella materiale (la società): cercare le intersezioni, gli snodi, le infinite azioni e retroazioni attraverso cui le due dimensioni si influenzano a vicenda.
Ciò equivale anche a superare gli steccati metodologici, facendo interagire filologia e antropologia, storia sociale e storia della filosofia, archeologia e mitologia, testo e contesto; superando, ad esempio, sia le aride secche strutturaliste (il pensiero assoluto, staccato dalla storia) sia l'ortodossia di stampo sociologico-marxista (il pensiero asservito alle contingenze storiche):
Come scrive l'autore stesso (pp. 155-156):
Oggi lo storico sa che l'oggetto della sua ricerca non è, a rigor di termini, né il particolare né l'universale […]; lo storico sa che la verità sulla storia di quell'unico villaggio bretone non sarà mai reperibile nella storia di quell'unico villaggio bretone; peraltro, le diverse metastorie che gli si propongono, dal marxismo più o meno rinnovato alla psicoanalisi, dalla filosofia della curva dei prezzi a quella della logica universale, non lo dispenseranno mai dal far ritorno a quel villaggio.

2 commenti:

andrea ha detto...

hai davvero un blog molto interessante! Parecchie cose nuove per me, bello!
(sì, lo so, non è un commento molto intelligente, in effetti...)

sergio pasquandrea ha detto...

se ci fosse l'obbligo dell'intelligenza, nessuno dovrebbe più scrivere un rigo.