Guido Buzzelli, Ayesha (I maestri del fumetto, n. 37 - Mondadori/Il Sole 24 ore, 2009)
Lorenzo Mattotti, Da un tempo lontano (I maestri del fumetto, n. 18 - Mondadori/Il Sole 24 ore, 2009)
Non so se c'è ancora qualcuno che si pone il dubbio se il fumetto sia o non sia arte. Se per caso un simile esemplare esiste, la lettura di questi due volumi gli è caldamente consigliata.
“Ayesha” raccoglie due storie di Guido Buzzelli: “Il ritorno di Ayesha” (su testi di Mino Milani, da un romanzo di H. R. Haggard, uscito sul “Corriere dei Ragazzi” nel 1976), e “L'uomo del Bengala” (1979), sceneggiato dal grande Gino D'Antonio (in origine parte della meravigliosa serie “Un uomo un'avventura”). Storie che hanno in comune l'ambientazione esotica: in “Ayesha” un Oriente favoloso, in cui due personaggi inseguono una mitologica donna-dea, sullo sfondo di monasteri sperduti tra i ghiacci, reami nascosti, re crudeli, epiche battaglie e oscuri incantesimi; ne “L'uomo del Bengala”, l'India di metà Ottocento, con l'inevitabile, salgariano corredo di fachiri, Thugs e riti della dea Khalì.
Su sceneggiature altrui, viene un po' meno il lato perfidamente grottesco dei capolavori buzzelliani come “L'agnone” o “La rivolta dei racchi”; in compenso, viene esaltato il suo legame con l'illustrazione ottocentesca (adoro quelle illustrazioni: passerei ore a osservare il "Pinocchio" di Mazzanti o la "Commedia" del Dorè) e, andando più indietro, con il Goya dei “Capricci”. Nel grande formato di questi volumi, si esaltano i suoi straordinari giochi di pennello, i suoi neri pieni, i suoi tratteggi nervosi, uniti a quel dinamismo irrefrenabile che è una delle sue marche distintive.
Lorenzo Mattotti è, in un certo senso, l'estremo opposto. Quanto Buzzelli si esalta nel bianco e nero, tanto Mattotti lo fa nel colore: i suoi colori accesi, onirici, costruiti con sapienti stratificazioni di pastelli ad olio, su figure nelle quali la stilizzazione più estrema e il realismo più minuzioso si fondono senza soluzione di continuità.
“Da un tempo lontano” raccoglie, nella prima parte, il lungo racconto “Il rumore della brina”, nella seconda le storie brevi “Lettere da un tempo lontano”. Che non cerco nemmeno di riassumere, perché quel che davvero conta, nelle storie di Mattotti, è l'atmosfera, evocata dall'incontro alchemico di testo e immagine.
Mi si dirà che recensire un libro dicendo che il libro non si può descrivere non è un gran che, come recensione. Ma io che cosa posso farci?
Piuttosto, se non conoscete Mattotti, leggetelo. Una storia a caso, fa poca differenza. Tanto, sono tutti capolavori.
lunedì 31 gennaio 2011
recensioni in pillole 90/91 - "Ayesha" / "Da un tempo lontano"
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