lunedì 2 agosto 2010

mathesis singularis


L'arte si pone dalla parte opposta delle idee generali, non descrive che l'individuale, non desidera che l'unico. Non classifica; sclassifica. Per quanto ci concerne, le nostre idee generali possono anche essere simili a quelle che hanno corso nel pianeta Marte e tre linee che si intersecano formano un triangolo in tutti i luoghi dell'universo. Ma guardate una foglia d'albero, con le sue nervature capricciose, le sue tinte variate dall'ombra e dal sole, il rigonfio che vi ha sollevato la caduta di una goccia di pioggia, la puntura che vi ha lasciato un insetto, la traccia argentea della piccola lumaca, la prima doratura mortale che vi segna l'autunno; cercate una foglia esattamente simile in tutte le grandi foreste della terra: vi sfido a trovarla. Non c'è scienza del tegumento di una fogliolina, dei filamenti di una cellula, della curvatura di una vena, della mania di un'abitudine, delle pieghe di un carattere. Che un certo uomo abbia avuto il naso storto, un occhio più alto dell'altro, l'articolazione di un braccio nodosa, che abbia usato mangiare a una certa ora un petto di pollo, che avvia preferito la Malvasia al Château-Margaux, questo sì è senza parallelo nel mondo. Al pari di Socrate, Talete avrebbe potuto dire ГNΩΘΙ ΣEAYTON ma non si sarebbe sfregato la gamba nella stessa maniera, prima di bere la cicuta. Le idee dei grandi uomini sono il patrimonio comune dell'umanità, ognuno di loro non possedette realmente che le proprie bizzarrie. Il libro che descrivesse un uomo con tutte le sue anomalie sarebbe un'opera d'arte come una stampa giapponese dove si vede eternamente l'immagine di un minuscolo bruco visto una volta in una certa ora del giorno.

Marcel Schwob, Vite immaginarie (1896) (Adelphi 1996, pp. 13-14)

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