Io sono Geronimo. Autobiografia, Theoria 1994 (169 pp.)
Go-ya-hkla, meglio noto come Geronimo, nacque nel 1829 nel territorio dell'attuale New Mexico. Apparteneva ai Bedonkhoe, una banda di Apache che faceva parte della tribù dei Chiricahua.
Fino al 1858 visse in pace (per quanto poteva viverlo un Apache), poi dei soldati messicani attaccarono il suo accampamento e gli massacrarono tutta la famiglia. Geronimo giurò di vendicarsi e passò i successivi trent'anni a combattere prima i messicani, poi gli americani. Negli anni Ottanta dell'Ottocento, quando quasi tutte le altre tribù indiane erano state ormai sterminate o rinchiuse nelle riserve, lui e i suoi Chiricahuas ancora resistevano, asserragliati sulle montagne dell'Arizona. La perfetta conoscenza del territorio e l'esperienza nelle tecniche di guerriglia gli permisero di beffare per anni forze preponderanti e meglio armate.
Si arrese il 4 settembre 1886, stremato ma imbattuto, insieme alle poche decine di uomini che gli erano rimasti. Venne spedito prima in Florida, poi in Alabama, infine in Oklahoma. Divenne una leggenda vivente e partecipò persino alla Fiera Mondiale di St. Louis, nel 1904. In vecchiaia si convertì al cristianesimo (almeno formalmente), ma non smise di dedicarsi alle sue passioni: l'alcool, il tabacco e il gioco d'azzardo.
Nel 1905, all'età di 76 anni, accettò di narrare la sua vita a un ricercatore di nome S. M. Barrett, inviato da Roosevelt in persona. Questo libro contiene il suo racconto, ed è la dimostrazione che lo spirito del vecchio capo era ancora indomito. Geronimo si rifiutò di rispondere a qualunque domanda e raccontò quel che voleva, come voleva. Descrisse gli Apache per quello che erano: guerrieri spietati, che vivevano di rapine e razzie, per i quali uccidere quanti più nemici possibile era cosa giusta e onorevole. Interessante anche l'atteggiamento di Barrett il quale, pur tra mille note cautelative (all'epoca era ancora scontato che gli indiani fossero i cattivi e i bianchi i buoni), esprime una chiara simpatia per Geronimo e riporta tutti i suoi giudizi sui bianchi, anche i più duri e critici.
Nel febbraio 1909, a 79 anni, Geronimo si prese una sbronza e rimase all'aperto per tutta la notte. Fu ricoverato per una polmonite, che se lo portò via in pochi giorni. La sua autobiografia è la testimonianza – orgogliosa ma rassegnata – di un sopravvissuto, nato quando ancora gli Apache vivevano liberi e morto quando ormai di quel mondo non rimaneva che un pallido ricordo.
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