Trovo segnalata su MondoJazz, e segnalo a mia volta con piacere, un'intervista a Riccardo Muti comparsa sul Venerdì di Repubblica il 29 maggio scorso. Il testo integrale si può leggere qui.
Muti riflette sulla situazione (disastrosa) della didattica musicale in Italia, sui teatri chiusi, sull'insegnamento della musica nelle scuole ridotta al dar fiato a infami pifferi, su quel 99% di italiani che non hanno mai messo piede a un concerto di musica classica, e lo fa con lucidità e spregiudicatezza, indicando quelle che sono, anche a mio avviso, le vere cause di questo tsunami culturale: non solo la politica miope dei governi, di Destra come di Sinistra, ma anche - se non soprattutto - la sclerotizzazione della stessa musica classica, ormai ridotta a ripetere rituali vuoti, puri gusci senza sostanza, o peggio ancora ad inseguire il pop più deteriore e televisivo.
Mi limito a riportare un aneddoto personale: qualche anno fa, nel liceo dove insegnavo, un gruppo di ragazzi aveva messo su un bel laboratorio musicale pomeridiano. Si erano allestiti, da soli, una sala prove con tanto di strumenti, mixer, amplificatori (c'era uno di loro che era una specie di mago della tecnologia) e si ritrovavano a suonare rock e blues, cover di Eric Clapton e dei Police. Insomma, bella roba.
La disgrazia è che a sovrintendere era stata messa una collega di musica che un giorno mi disse, parole testuali: "Quello che fanno non ha nessun valore musicale. Al massimo può essere un'esperienza di socializzazione, ma nient'altro".
Ecco, mettere una persona del genere a insegnare musica è il modo più sicuro per ammazzare nei ragazzi qualunque passione per la musica classica. E quindi per privarli di un'occasione irripetibile di crescita umana, culturale e spirituale.
Qualche passo dall'intervista a Muti:
Guardi, la stupirò: per amare la musica non è necessario saperla suonare. Forse che riesce a godere Shakespeare solo chi scrive tragedie? Credo che la didattica di base della musica, negli ultimi decenni, sia stata volonterosa ma fondamentalmente sbagliata. Diciamo la verità: certi infami pifferi messi a forza tra i denti degli scolari, con quegli strazianti miagolii che si sentono a volte uscire dalle finestre delle scuole, finiscono per farla odiare, la musica, a un ragazzino. Non credo neppure che sia necessario insegnare a leggere lo spartito, un esercizio tecnico dispendioso e inutile per chi poi non farà il musicista di professione.
Allora, che fare?
Le racconto cosa faccio io. A Lugo c'è un bel teatro, il Rossini. Ci sono andato con la Cherubini per le prove della Jupiter di Mozart. Sinfonia difficilissima, inizia catturandoti con dolci lusinghe e termina nella metafisica più pura. Ho scelto di fare qualche ora di prove aperte, invitando tutto il paese. Parlavo, spiegavo, facevo esempi. Alla fine c'è stata un'ovazione di gratitudine sincera: di chi improvvisamente ha scavalcato un muro ed è arrivato a cogliere il piacere della musica.
[...]
I ragazzi che girano per strada con gli auricolari spesso ascoltano cose molto complesse. Non è la presunta "difficoltà" della musica colta a tenerli fuori dai teatri. Molte volte è una ritualità che non s'è mai rinnovata. Quanto vorrei che finissero certe liturgie, l'applauso, gli abiti scuri, l'ingresso sul palco dei "pinguini" col capo pinguino... Sogno concerti dove i musicisti, vestiti come i loro ascoltatori, spiegano e condividono ciò che stanno per fare, un concerto senza sacerdoti separati dai fedeli, un concerto dove tutti siano concelebranti...
Il Concilio Vaticano II della musica...
Ma con rigore, rispetto, e sforzo: perché ascoltare musica non è udire un sottofondo, è affrontare un viaggio intellettuale ed emotivo.
Che cosa pensa delle «contaminazioni» tra rock e classica? Avvicinano i ragazzi?
Allontanano. Ho sentito, mi pare al Festival di Sanremo, un'orchestra classica suonare Mozart assieme a un gruppo pop, ma di quel brano è rimasta solo una pallida superficie di note che può andar bene per uno spot televisivo. Una sinfonia non è una linea melodica, è un'architettura dove tutto dipende da tutto, togli un mattone e crolla.
La lirica negli stadi?
Non so se i Tre tenori e cose simili abbiano allargato il pubblico della musica, ma non credo l'abbiano comunicata. Quei recital sono condensati di arie celebri, una dopo l'altra, come cioccolatini; strappano applausi, ma un pranzo fatto solo di dessert finisce per disgustare. Un'opera è un apparato complesso, fatto di densità diverse, l'aria esplode al momento giusto, non la puoi strappare come un fiore dall'albero.
sulla Lettura
5 ore fa
4 commenti:
ho letto l'intervista, e i commenti, e non ho voluto replicare perchè dovevo registrarmi e tutto e al momento non mi va, ma come al solito ho notato che, esposto un problema serio, e cioè il fatto che abbiamo perso il contatto come popolo con una buona parte delle nostre radici musicali, tutti i commenti proposti vertevano invece sul fatto che muti fosse o no un cretino presuntuoso... (non ti ricorda un pò certi discorsi che abbiamo sentito in campagna elettorale? ma cos'è un nuovo virus che gira?)
credo che muti abbia ragione....ricordo che a scuola nelle ore di musica i prof e i compagni ti prendevano sul serio solo se dimostravi di saper suonare...se poi,ascoltandoti cantare,ti "sentivano" stonato,era una crocifissione....
in effetti,nessuno ha mai parlato nelle scuole della musica teorica,ma lo stesso effetto l'ho notato anche nelle arti figurative:sei capace solo se sai disegnare,l'arte teorica non interessa a nessuno....
conta molto anche una certa convinzione che le arti siano separate fra loro:al liceo artistico non c'era neanche un corso di musica,come se la musica e la pittura fossero cose diversissime e inconciliabili....
PS:sergej,grazie per aver scritto nel mio blog...adesso sei il mio secondo visitatore ufficiale...
@lillo
Sì, ho dato anch'io un'occhiata a quei commenti e mi sono sembrati la quintessenza del vuoto.
E' un po' il solito vezzo di sparare a zero sulla persona (specialmente se nota, dato che criticare Muti fa molto intenditore raffinato e blasé) invece di parlare dei problemi.
E questo atteggiamento spocchioso e arrogante è anche il motivo per cui un giovane, a meno che non abbia la fortuna che ho avuto io, di crescere in una famiglia dove si ascolta e si pratica la musica, non avrà mai occasione di ascoltare e apprezzare davvero la musica classica.
@pippo
Quella della separazione delle arti è un'altra questione dolorosa. Non ho mai capito perché si debba studiare la letteratura e l'arte figurativa, ma la musica no. Che cos'è, la cenerentola delle arti?
Per il commento: figurati, di niente.
Sono d'accordo con te. Se la musica classisa è ridotta al lumicino gran parte della colpa è anche la sua di musica sclerotizzata, implosa su sè stessa, autoreferenziale e putrefacente...
e anacronistica.
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