venerdì 2 gennaio 2009
recensioni in pillole 1: "Il generale Della Rovere"
Comincio qui una serie di post in cui recensirò quello che via via leggo.
Mi sono dato un limite massimo: 2500 battute. Vedremo se riuscirò a rispettarlo.
Indro Montanelli, Il generale Della Rovere (1959)
Vivere da cialtrone, morire da eroe. Così si potrebbe riassumere la vita di Giovanni Bertone, come la racconta Montanelli in questo libro.
Avventuriero, giocatore d'azzardo, abituato a vivere di piccole truffe, Bertone viene ingaggiato dai tedeschi per impersonare Fortebraccio Della Rovere, alto graduato dell'esercito badogliano arrestato mentre cercava di prendere contatti con la Resistenza. In realtà il vero Della Rovere è stato ucciso, ma il comando tedesco spera che il falso generale saprà conquistarsi la fiducia dei compagni di prigionia, per poi fare da delatore.
E Bertone ci riesce, fin troppo bene: il personaggio di Della Rovere finisce per prendere il sopravvento su di lui. L'ammirazione tributatagli dai compagni e il loro coraggio nel sopportare la prigionia e le torture fanno breccia nella scorza cinica del truffatore, che alla fine, sconvolto dal suicidio di un prigioniero che si taglia le vene pur di non parlare, decide di affrontare la sua sorte fino in fondo. Finirà fucilato e saprà affrontare la morte con dignità.
Montanelli aveva conosciuto il falso generale Della Rovere nel 1944, durante la sua prigionia a San Vittore, ma decide di darne un resoconto romanzato, tradendo in molti punti la verità storica (ad esempio, il vero nome era Bertoni e pare che non fosse affatto idolatrato dai compagni, che anzi lo smascherarono presto come spia).
La misura del racconto lungo – un centinaio di pagine – è affrontata con esemplare equilibrio. Lo stile è asciutto, la narrazione si concentra sulla crisi di coscienza di Bertone, i personaggi secondari sono tratteggiati con tocchi rapidi ed efficaci, evitando le cadute nel macchiettismo.
Montanelli non lo dice mai, ma la storia di Bertone finisce per risultare emblematica della sorte di tanti italiani che furono capaci di non piegare la testa davanti alla barbarie nazifascista, di riscattare con una morte eroica un ventennio di acquiescenza.
Dalla stessa vicenda fu tratto il film omonimo di Rossellini (1959), con Vittorio De Sica protagonista. Montanelli partecipò alla sceneggiatura insieme a Rossellini e a Sergio Amidei, anche se poi si dissociò dal film che giudicò troppo viziato politicamente. Libro e film furono oggetto di numerose polemiche per le presunte distorsioni della realtà.
Montanelli dichiarò che "il libro è una storia, non una pagina di Storia".
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