La colazione
Mi piaci quando dici una sciocchezza,
quando combini un guaio, quando menti,
quando vai a fare shopping con tua madre
e arrivo tardi al cinema per colpa tua.
Mi piaci di più quand'è il mio compleanno
e mi copri di baci e di torte
o quando sei felice e lo si vede,
o quando riesci a condensare tutto
in una frase geniale, o quando ridi
(la tua risata è una docca nell'inferno)
o mi perdoni una dimenticanza.
Però mi piaci anche di più, tanto che quasi
non so resistere da quanto mi piaci,
quando, piena di vita, ti risvegli
e come prima cosa mi sussurri:
“Ho una fame feroce stamattina.
Inizierò con te la colazione”.
* * *
Nausicaa
Il mare di Omero ride per te,
che ti appoggi nuda al parapetto
in cerca d'aria fresca, con la coppa
di nettare in mano, mentre d'intorno
vanno e vengono gli ospiti alla festa
che hai dato nel palazzo di tuo madre.
L'aria pura inonda i tuoi polmoni
e il nettare ti sale alla testa
ed ecco arrivare alla terrazza
l'uomo della tua vita. Unisce in sé
nobilmente la forza e la sapienza.
Ulisse è il suo nome. Tu non ignori
che non si tratterà. Già tante volte
sognasti il suo disprezzo... Tuttavia,
lo scintillare dei tuoi occhi insinua:
“Non mi sazio di vederti”. E le tue orecchie
reclaman: “Parlami, dammi parole
per vivere”. E con il sesso dici:
“Padrone fai di me ciò che ti piace”.
Tutto è abbandono in te, dolce Nausicaa.
Ma lui è annoiato dalla festa,
perso dietro al ricordo della patria,
e non considera te, né quel tuo corpo
di dea crivellato di messaggi
che non arriveranno mai a destinazione.
* * *
Elena: Palinodia
No, non è vera, amore, quella storia.
Non arrivò a sedurti quel demente
dai ricci profumati. Non fuggisti
precipitosamente dalla festa
del nostro anniversario, con lo sguardo
inchiodato sul pacco ch'emergeva
tra le sue gambe, e le narici sature
di droga. Non salisti a bordo
del suo lussuoso yacht con quanto avevi
indosso (quasi niente), mentre io
ti cercavo per strada come un pazzo,
temendo che ti fosse successo chissà cosa.
Non sei scomparsa dalla mia vita
come una meteora e per sempre.
Non può essere vera quella storia.
* * *
Bèvitela
Di' cose belle alla tua fidanzata:
“Hai un corpo da clessidra
e un'anima da film di Hawks”.
Diglielo a voce bassa, le tue labbra
attaccate al suo orecchio, e che nessuno
possa ascoltare ciò che stai dicendo
(ossia che le sue gambe sono razzi
diretti verso il centro della terra,
o che i suoi seni sono il nascondiglio
di un gambero di mare, o che la sua schiena
è argento vivo). E quando si convince
e inizia a sciogliersi tra le tue braccia,
non indugiare un attimo:
bèvitela
* * *
La notte madrilena
Ricordi nella notte madrilena, in agosto,
quanto tutti erano via per le vacanze,
e non c'erano messaggi nella segreteria
né lettere da parte di nessuno (neppure
opuscoli pubblicitari), e il calore invadeva
la tua casa come un germe di cancro incurabile
(ancora non avevi l'aria condizionata),
e lei viaggiava con un altro al sud o al nord
(non ti ha mai detto dove), e tutt'a un tratto uscivi
a camminare, senza meta, per le vie deserte
con voglia di morire, pensando che la vita
era un racconto di Kafka o di Edgar Allan Poe
(almeno), ed ecco, senza sapere come,
vedevi oltre i negozi chiusi e i bar
uno spettro di luce che ti veniva incontro
e, una volta vicino, ti diceva: “Ragazzo,
sono il tuo angelo custode. Dio vuole che ti dica
che t'invidia: tu solo, e Madrid, e in agosto,
senza morosa e senza amici, con il caldo e senza lettere,
non dovresti ringraziare il Re dei Re
per tanta fortuna tutta insieme?”, e scompariva,
e appariva di nuovo la notte seguente,
dicendoti le stesse cose, e tu eri sul punto
di morire dal ridere, e una volta di più la notte
madrilena riusciva a liberare il tuo cervello
da stupide ansietà.
Luis Alberto de Cuenca (Madrid, 1950)
da “Senza paura né speranza”, 2002
Traduzioni di Stefano Belardinelli
da Poesia, XXIX, 317, Luglio/Agosto 2016