Ti amai, perciò attrassi queste maree
di
uomini nelle mie mani
e scrissi le mie volontà per tutto
il cielo e le stelle
per conquistarti la libertà, la degna
casa dai sette pilasrtri
perché i tuoi occhi potessero
brillare per me
al mio arrivo
La morte sembrò mia schiava sulla
strada, finché non fummo vicini
e ti vidi in attesa:
quando sorridesti e in dolorosa
invidia lui mi superò
e ti fece a pezzi:
nel suo silenzio
amore, fino allo stremo tastò il tuo
corpo
nostro breve salario
nostro per un istante
prima che le mani morbide della Terra
esplorassero la tua forma
e i vermi
ciechi ingrassassero con
la tua sostanza
gli uomini mi pregarono di iniziare la
nostra opera,
la casa inviolata,
in memoria di te
ma dovetti frantumare il monumento
perché fosse adatto,
incompleto: e ora
piccole cose strisciano fuori a
rattopparsi
tuguri
all'ombra guasta
del tuo dono.
(Thomas Edward Lawrence, meglio noto
come “Lawrence d'Arabia” -traduzione mia)
La poesia fu posta da Lawrence in
epigrafe al suo libro più celebre, “I sette pilastri della
saggezza” (1922). Il libro è dedicato a “S.A.”, probabilmente
da intendersi come Selim “Dahoum” Ahmed (1897-1916), assistente
di Lawrence durante la rivolta araba e, secondo molti, suo amante.
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