domenica 1 febbraio 2009

la casa di louis


Louis Armstrong House
34-56 107th Street, Corona, Queens, New York City.

Tutto ciò che mi veniva da pensare, mentre la guida ci additava l’orrendo décor dei cessi e delle stanze da letto e magnificava con un largo accento del Bronx e con gridolini estatici la carta da parati neo-liberty che invadeva ogni angolo visibile, era quanto dovesse essere incazzato il povero Louis.
Me lo immaginavo seduto sulla poltroncina imbottita del soggiorno, con le pattine ai piedi. La moglie gli portava il té e alitava sul vetro della cristalliera per togliere l'impronta di un pollice. Louis non la guardava, fissava la moquette del pavimento, come fosse stato sorpreso con la bocca sporca di marmellata.
Chissà, mi dicevo, se ogni tanto ripensava al bambino che correva scalzo sulla polvere di Battlefield, ai brutti ceffi che suonavano musiche meravigliose ai funerali, ai fagioli rossi e alla buona erba di una volta.
Una vetrina antisfondamento teneva in contenzione la sua tromba, i suoi denti si allargavano in una foto che lo ritraeva sui gradini di casa, mentre un moccioso tutto occhi lo fissava stringendo una tromba quasi più grande di se stesso.
Intorno, il Queens era una desolazione crivellata di pioggia, i messicani nell'officina fumavano con la faccia di chi non c’entra niente e la ferrovia sopraelevata si allontanava affondando nel cielo infangato.
Era una giornata ottusa, uno dei peggiori giorni del mese. Un mattino senza gioia e senza musica.

6 commenti:

Liberty Alex ha detto...

sei stato a new york,sergej?....complimenti!...ed è proprio vero,allora,che le visite guidate sono delle profanazioni di vite che,nella realtà,avevano tutt'altro spessore....

sergio pasquandrea ha detto...

Ho vissuto a New York per un paio di mesi, qualche anno fa. Ero lì per fare ricerche universitarie.
Se vuoi saperne di più, clicca il tag "new york" in fondo al post.
Quanto alla casa di Louis Armstrong, hanno ricostruito tutto l'arredamento così com'era all'epoca (l'aveva curato la moglie Lucille, che doveva essre una... diciamo così, un tantino fanatica dell'ordine).
In fondo è una visita suggestiva, perché ti fanno anche sentire registrazioni private di lui che chiacchiera e scherza, oppure fa esercizi con la tromba... però certo, l'effetto è un po' da museo delle cere.

sergio pasquandrea ha detto...

A proposito, ma il Pippo a cui ha risposto Manfredi sulla posta dell'ultimo MV sei tu? (Solo per curiosità...)

Liberty Alex ha detto...

diavolo,mi ha risposto??...

sì,in effetti ho spedito un paio di email a manfredi,ma non ho ancora comprato l'ultimo numero di MV....ora che me lo hai detto,vado subito a prenderlo!!!

la madonna del petrolio ha detto...

sono contenta che tu sia d'accordo con me che sono d'accordo con te:).
scrivo qui perchè tra i (pochi, lo ammetto, ma mannaggia non ho ancora iniziato a studiare...) tuoi post che ho letto è quello che preferisco. l'effetto museo delle cere non è nemmeno troppo male comunque, mi è capitato di trovarlo in altre case conservate sotto formaldeide (la villa di puccini a torre del lago soprattutto) ed è vero che intristisce un po'di sconforto... ma ha anche un suo fascino particolare, completamente slegato dal personaggio (della cui vitalità rimane appunto nulla). non so se abbia senso (ci sto ragionando ma non riesco a trovare il nesso), ma credo sia lo stesso tipo di fascino esercitato da certi distributori di benzina desolati nella pianura, ai margini di qualche periferia commerciale/industriale. mmm... chissà se mi sono spiegata...
per me comunque la peggiore caccia al fantasma è stata entrare al cafè de flore a parigi. chissà che mi credevo di trovare... cerano solo turisti abbronzati male e camerieri minacciosi come avvoltoi, nemmeno un posto a sedere... con proust è andata meglio: per lo meno della sua tomba nessuno se ne frega.

sergio pasquandrea ha detto...

Ti sei spiegata benissimo, con il paragone del distributore; e ti dirò che sono sempre stato particolarmente cedevole al fascino del desolato, dell'arrugginito, della formaldeide. Fin da bambino mi piacevano i magazzini un po' bui, le soffitte polverosei negozi che odoravano di carta vecchia o di olio lubrificante; mio nonno ferroviere mi portava alla stazione e io mi incantavo a guardare non i treni, ma i binari morti, le sfumature rossicce dei vagoni merci in disarmo.
Pensa che a me piace passeggiare in città, possibilmente in periferia, possibilmente quando per strada non c'è nessuno. Il cemento e l'asfalto mi rasserenano, mentre la natura, chissà perché, mi mette tristezza, quando non angoscia.