Ammetto che le mie frequentazioni con la fantascienza sono piuttosto occasionali, però ogni tanto un bel libro me lo leggo volentieri.
Arthur C. Clarke (1917-2008), anzi sir Arthur, è ovviamente l'autore del romanzo che sta alla base di 2001: Odissea nello spazio, oltre che co-autore della sceneggiatura del film. Ma Clarke fu anche molto altro: autore di moltissimi libri di sci-fi (insieme a Heinlein e Asimov, è considerato uno dei maestri del genere), divulgatore scientifico sulla stampa e in TV, esploratore subacqueo, nonché laureato in matematica e fisica e, durante la II Guerra Mondiale, uno dei primi ad usare i nuovi radar antiaerei. Passò gli ultimi anni della sua vita in Sri Lanka, dedicandosi alla sua passione per le immersioni, e provate a chiamarlo scemo...
Ora, il mio problema con la fantascienza è che spesso suona irrimediabilmente datata: astronavi su cui non c'è traccia di computer, mondi futuribili sui quali si comunica via radio e telegrafo, calcolatori che funzionano a valvole, costumi anni Settanta, e così via.
Qui, Clarke riesce invece nell'impresa di costruire un romanzo di fantascienza perfettamente verosimile, che immagina le difficoltà dei primi coloni impegnati a rendere abitabile il pianeta Marte. Per tutto il testo, non ci sono quasi elementi spettacolari: niente duelli stellari, niente dischi volanti, niente alieni con le antennine verdi (i marziani in realtà ci sono, ma sono molto diversi da come li si immagina di solito), niente eroi in tute scintillanti. Piuttosto, descrizioni di laboratori, sistemi di produzione dell'ossigeno, cupole isolanti, respiratori, fuoristrada.
In effetti, un plot romanzesco c'è: la storia di uno scrittore di fantascienza, inviato su Marte per realizzare un reportage, e che lì troverà un nuovo senso per la sua vita e anche l'occasione per rimediare ad alcuni errori del passato. E poi c'è una sottotrama di fantapolitica: ma anche lì niente di epico o di mozzafiato.
Come tutto ciò risulti in un romanzo interessante e a tratti persino avvincente, lo si deve ovviamente alla penna di Clarke. Lettura estiva più che gradevole.
1 commento:
Neanch'io sono un appassionato della fantascienza, per la ragione che dici tu e anche perché romanzi e racconti di fantascienza si limitano spesso all'ingegnosità della 'trovata' senza o quasi elaborazione letteraria; del resto, i loro lettori non sembra chiedano di più. È diverso il caso del cinema di fantascienza, che è sempre stato ambito di elaborazione e sperimentazione linguistica.
Infine, Sergio!!!, devo ricordare perfino a te che i libri non si traducono da soli? ;-)
Questo è stato tradotto da Maria Gallone.
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