Eric R. Dodds, I Greci e l'irrazionale, Rizzoli 2009 (407 pp., 12 €)
Questo è uno di quei libri che mi trovo sinceramente in imbarazzo a recensire: perché si tratta di un vero e proprio classico, una pietra miliare degli studi sulla grecità.
Dodds (1893-1979) fu una di quelle personalità che piacciono a me: geniale, eccentrico, originale fino al punto di essere ostracizzato. Irlandese, spiritaccio indomito, espulso dal college per “persistente insolenza”, divenne regius professor di greco ad Oxford nel 1936, a soli 43 anni, senza appoggi accademici.
Nel chiuso ambiente oxoniense, tutto dedito alle più rigorose indagini filologiche, Dodds di interessò di materie “eretiche”: antropologia, etnologia, psicologia, psicoanalisi, studio dei fenomeni medianici. Ed ebbe l'audacia di applicarle dove non erano mai state applicate, ossia allo studio della cultura e della letteratura greca.
“The Greek and the irrational” uscì in inglese nel 1950 e fu tradotto in italiano nel 1959. Il tema era a dir poco rivoluzionario: i Greci, i maestri del logos, della civiltà, della luminosa ragione, venivano indagati con gli stessi strumenti con cui gli etnologi analizzavano le società “primitive”.
Scandalo? No: il risultato fu invece un volume che aprì nuove strade nella comprensione del mondo antico.
Dodds percorre una vasta rassegna, dall'età arcaica alla fine della classicità, inseguendo temi che sfuggono alla visione più ortodossa del razionalismo greco: la follia, il menadismo dionisiaco, la divinazione profetica e astrologica, la magia, le sopravvivenze di pratiche sciamaniche (trance, allucinazioni, "viaggi" spirituali), concetti come colpa, peccato, impurità, la concezione del sogno, dell'anima, degli impulsi profondi e incontrollabili della mente.
Un pregio del libro è quello di essere tratto da una serie di conferenze tenute a Berkeley nel 1949, davanti a un pubblico di non specialisti: quindi, l'esposizione è scorrevole, priva di tecnicismi o erudizione.
Ma il pregio maggiore è quello di essere incuneato nella sua epoca, come dimostra il capitolo finale, intitolato “Il timore della libertà”. Dove si dimostra come razionale e irrazionale siano forze opposte ma complementari, il cui equilibrio è essenziale alla sopravvivenza di una civiltà: e lo sapevano bene Dodds e il suoi lettori che, nel 1950, erano usciti da poco da alcune delle più terrificanti esplosioni di furore irrazionale che la storia umana ricordi.
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1 commento:
Letto ai tempi dell'università e riletto l'anno scorso, è uno di quei libri che non si dimenticano. Va ben oltre la monografia, è un esempio di come ci si immerge in una cultura e si trova l'universale umano.
Bellissimo.
Valter Binaghi
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