mercoledì 6 ottobre 2010

recensioni in pillole 67 - "Pioggia e vento su Télumée"

Simone Schwarz-Bart, Pioggia e vento su Télumée, Fabbri Editori, 1999 (213 pp.)

Ho sentito parlare di Simone Schwarz-Bart perché è la moglie di André Schwarz-Bart. E ho sentito parlare di André Schwarz-Bart perché è il padre di Jacques Schwarz-Bart, un interessante sassofonista jazz di origini franco-antillane.
André Schwarz-Bart nacque nel 1928 da una famiglia di ebrei polacchi (il vero nome era Abraham Szwarcbart), emigrati in Francia quattro anni prima della sua nascita. Il suo “L'ultimo dei giusti” (1956), considerato uno dei grandi testi sull'Olocausto, ce l'ho da tempo sullo scaffale, in attesa di essere letto. Dopo aver combattuto nella Resistenza, emigrò sull'isola della Guadalupa, terra d'origine della moglie Simone.
Insieme, i due pubblicarono nel 1967 “Un plat de porc aux bananes vertes”, che avrebbe dovuto essere il primo volume di una vasta opera, destinata a rileggere il passato delle Antille attraverso la sua componente africana, in particolare quella femminile. L'opera non vide mai la luce, ma nel 1972 uscirono due romanzi ad essa collegati: uno a firma di André, ma in realtà con la collaborazione di Simone, dal titolo “La mulâtresse Solitude” (gran bel romanzo, epico e lirico, incentrato sulla figura di una ragazza africana rapita e venduta in schiavitù, e divenuta un'eroina della rivolta degli schiavi; la traduzione italiana, intitolata “La mulatta”, credo purtroppo sia fuori catalogo da anni), e uno a nome di Simone, che è appunto questo “Pluie et vent sur Télumée Miracle”.
Télumée, la protagonista, vive nella Guadalupa in un periodo non specificato, ma che si può collocare intorno alla prima metà del Novecento. La schiavitù è stata abolita da almeno due o tre generazioni, ma le condizioni di vita dei neri non sono poi cambiate di molto: miseria, ignoranza, sfruttamento, e come unico orizzonte il massacrante lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero.
È la voce della stessa Télumée, ormai vecchia, a raccontarci la sua vita, trascorsa aggrappata a un piccolo, sperduto angolo rurale della Guadalupa, ultima tra gli ultimi della Terra. Lì conosce la felicità e il dolore, l'amore e l'abbandono, sbattuta come una canna da pioggia e vento.
Quella minuscola porzione di mondo diventa una sineddoche dell'umanità intera, e Télumée un simbolo della resistenza tenace, invincibile delle donne nere.

1 commento:

síkbarajzolhatógráf ha detto...

leggo che i nazisti hanno riportato i Schwarz-Bart in Polonia..ad Auschwitz. per parafrasare il titolo del tuo post successivo: god is drinking and drinking