lunedì 22 giugno 2009

tre poesie di veronica raimo


Ma si può essere, allo stesso tempo, così belle e così brave? Sì, si può.
(E, tra parentesi, sarà sessista dire che una donna è bella? Mah, chissenefrega).
Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978, scrive poesie e romanzi, ha pubblicato per minimum fax.
Qui una sua intervista.

* * *

Silenziosamente sono scesa a patti
col territorio del mio vivere
ho una cantina piena di barattoli
un sottoscala di odori riconoscibili
-mi assicuro la sopravvivenza
in tutte le guerre che non verranno mai.
Sono padrona delle mie scelte
sono padrona di non perdonarmi
per essere padrona di quello che ho fatto.
Gli ultimi tentativi erano cambiali
di attaccamento al mondo
fattori elementari di alterazione:
siringhe, baionette conficcate nei polpacci
-non crediate che non mi sia divertita
il fatto è che non pativo abbastanza.
Meglio un diploma in uso didascalico
convincimenti e fedi controllate,
le subordinate producono vertigine
depenno tutti gli aggettivi grossolani
spedisco lettere di protesta burocratica
poi attendo che qualcuno risponda
e mi chieda di smettere.

*

Ero simpatizzante del comunismo
fino a un minuto fa - prima che il telefono
mi portasse in ascolto della tua voce –
ho risposte così logiche da sentirmi perdente.
Dopo tutte quelle bombe Dresda,
il Padre e il Figlio sono ancora in piedi
mentre io abbatto la mia ombra
nemica giurata dell’ultima notte.
Ho scambiato lo spazio utopico
per le fede in un compagno di letto.
Sono una benpensante
amo la tenerezza delle pari opportunità,
il mio benessere peggiora con costanza
occorre attaccare manifesti nuovi
il sollievo arriverà lento e sotterraneo:
parlerò solo di emicranie annoiate
o di crampi allo stomaco per la fame.
Voglio morire contenta
una morte ordinata e intelligente
non posso campare d’aria
perché non mi verrà mai sottratta;
quando provai la via dell’ascetismo
fui costretta a pentirmi in tempo
mi dissero che non era saggio
allontanarsi dalla comunione civile.
L’aria era troppo rarefatta
e i polmoni tumorati non si abituavano.

*

Ci separa un’assemblea di partito
la cinta daziaria dell’inverno cosacco
mi diverte la noia, la caduta libera
di lacrime fino controllo della lingua
osservo con coscienza il mio pianto,
non è il bruciore di lacrimogeni in piazza
ma il dolore chimico dell’illuminismo
la contaminazione coercitiva
che irradia legge di progresso.
Ho pagato il compagno morto al mio posto
la lotta armata gli rubava il pane dai denti
sua moglie mi ringrazia ancora con garbo
ogni primavera si dà sposa al Signore.
Poi, di colpo, dimentico di aspettare
- quando il telefono squilla
perdo le dimensioni della mia attesa.
Non siamo invidiosi del nostro disagio
non è irrimediabile, solo guastato
muore secondo abitudine.
Perché non mi lasci da sola
a combattere contro questi muri bassi,
talmente sottili che la carta s’increspa
ad ogni colpo affondato e respinto?
La svista dei ricordi reclama altri gesti
infecondi come tranquillanti scaduti
eppure una volta ignorato lo sgomento
le intenzioni diventano ordinarie.

3 commenti:

lillo ha detto...

le poesie sono belle ma l'intervista è meglio... questa è quella che io chiamo una scrittrice che ha UNA personalità... emana molta intensità e ha delle idee... insomma sembra molto in gamba...

lillo ha detto...

senza contare che è pure molto bella ;-) lo dico dopo che se no poi si pensa che guardo solo a quello :-)

sergio pasquandrea ha detto...

Anche suo fratello, Christian Raimo, è uno scrittore, ma di suo ho letto solo qualche articolo su Nazione Indiana.
Sono curioso di leggere i romanzi di lei.

PS: se ti può interessare, credo che Sergio Garufi la conosca, almeno di vista. ;-)
E qui mi fermo, sennò comincio a organizzare party a Villa Certosa...