Silvia Vecchini / Antonio “Sualzo”
Vincenti, 21 giorni alla fine del mondo,
Il Castoro, 2019; 204 pp., € 15,50
Sono tanti i modi per classificare le
storie: ad esempio, ci sono le storie in cui succedono molte cose e
quelle in cui ne succedono poche; ci sono storie grandi, enormi,
smisurate, e storie piccole, persino minuscole; storie in cui i
protagonisti sono larger than life
e storie in cui sono persone ordinarie; ci sono storie in cui tutto
succede fuori e storie in cui tutto succede dentro. E non è detto
che una delle opzioni sia per forza migliore dell'altra: il punto è
quanto il narratore ci crede, e soprattutto quanto riesce a far sì
che ci creda il lettore.
“21
giorni alla fine del mondo” si colloca dalla parte delle seconde
opzioni, fra quelle elencate. Storie piccole, con protagonisti e
luoghi tratti dalla vita di tutti i giorni, in cui gli avvenimenti
sono tutto sommato pochi e accadono perlopiù dentro l'animo dei
protagonisti. E in cui spesso le pause, i silenzi, le vignette
apparentemente prive d'azione si rivelano essenziali.
Qui
abbiamo Lisa, un'adolescente che, insieme alla madre, gestisce un
campeggio sul Lago Trasimeno. È piena estate e la vita scorre sui
soliti binari, tra gli amici, i turni al bar, le lezioni di karate e
l'attesa per i tradizionali fuochi d'artificio nella notte di
Ferragosto. Finché un giorno, all'improvviso, ricompare Ale.
Ale è
(era?) l'amico del cuore di Lisa, il compagno dei giochi d'infanzia;
ma sei anni prima, senza dare spiegazioni, è partito
e non ha dato più notizie di sé. Che cosa gli è successo? Perché
non si è fatto vivo? Come mai ora è riapparso dal nulla? E qual è
il segreto di cui tutti, tranne Lisa, sembrano sapere qualcosa ma di
cui nessuno vuol parlare?
Su
questa trama, esile quanto si vuole, si regge una storia fatta di
piccoli sussulti, che proprio grazie alla leggerezza della narrazione
assumono una grande intensità. Come in tutte le storie che si
rispettino, il cuore sono soprattutto i personaggi: Rima, l'amica
ingenua e un po' invadente di Lisa; il matto del paese, convinto che
a Ferragosto di ogni anno il mondo finirà; il misterioso uomo, cupo
e taciturno, che gira sempre in compagnia di due cani; il maestro di
arti marziali, che scrive su lunghe strisce di carta i venti principi
del karate, con i quali vengono scanditi i capitoli in cui è
suddivisa la storia.
Nel
libro, tornano molti dei tratti che caratterizzano la produzione di
Sualzo e Vecchini: l'adolescenza, l'amicizia, le storie di
maturazione e di coming of age,
i paesaggi umbri disegnati con amorevole cura per i dettagli, le
passeggiate in bicicletta, i sentimenti trattati con attenzione
delicata.
Un
libro per adolescenti? Anche, ma non solo, perché i temi affrontati
sono in realtà ben adulti: il dolore, la perdita, l'amicizia,
l'amore, e il modo in cui tutto ciò si può affrontare insieme agli
altri, facendo appello alla saggezza del cuore. “Rialzati e cerca
sempre di essere felice”, come recita il finale.