Gli altri
Hai visto gli altri in fondo al
giardino
l’uomo in divisa che pianta la tenda
quello è tuo
padre, sorpreso si volta
e scarica l’arma, brilla nel
piombo
la fronte dell’ombra che al suolo ricade
e nella
sabbia conficca la lama.
Hai visto nella luce del prato
la
maestrina distesa e morente
la ferita del ventre si allarga
e
combacia con il taglio di vita
l’apertura che al mondo ti
invita
ad uscire dall’incavo al giorno.
Hai visto a brevi
tratti sul verde
dissolto da un moto o un respiro
uno che lento
si porta nel mezzo
quello è tuo figlio, col sangue alla
bocca
schiude i passaggi, ripete l’oblio,
simula un gesto e
addenta un papavero.
* * *
Le cose
Ma questo sogno che cadano i denti
una
volta ogni due, tre mesi,
e tutti a far finta di niente,
che
poi, a tradirci, sono le cose;
la luce intermittente degli
allarmi
ci sorprende, irrigiditi, tesi;
il neon che manda lampi
sulle scale
ci fissa a un'istantanea delle cose.
La chiave,
quando scatta nella porta,
fa scorrere le palpebre sugli occhi,
e
l'airbag che tutto a un tratto esplode
ci invita a smarrirci tra
le cose;
e l'altro sogno di non arrivare
mai in nessun luogo,
da qualche parte
dove valga la pena di fermarsi,
di segnarsi,
piegarsi a caso,
imparando attenti a respirare,
e a
stringersi negli spazi vuoti
se abbagliati dai fari sulle
strade
cediamo all'assedio delle cose.
(da "Biometrie", Manni, Lecce 2005)
* * *
Un luogo qualunque
…o nella luce artificiale
di un neon credere che la notte
non
sia notte, il verde non scintilli
immune da ogni nostro
sguardo,
le merci esposte nel silenzio
di una vetrina siano lo
sfondo
del nostro tranquillo sovrastare,
del dominio saldo
della specie:
e quando nelle insegne luminose
che ritmano i grani
dell’asfalto
hai visto il segno certo, il richiamo
ribattuto
da ogni nostro passo,
o in una vetrina, controluce
hai scorto sul ripiano le pose,
le
ossa spigolose del suo corpo
segnarti senza più un riparo,
come il giorno che stesa sul letto
ti sei girata, tranquilla, e
hai visto
le grate che spartivano il vetro,
e alzandoti di
scatto hai detto
che non sarebbe successo niente,
che tutto era
ancora intatto
e mentre ti guardavo in silenzio
sei sparita
nell’angolo cieco:
allora ho visto che nulla torna,
che la fragilità ci
insidia
dall’interno, dentro le giunture,
s’insinua nelle
vene, riveste
la piega opaca dei discorsi,
allora, chiamandoti in disparte
a fianco del letto avrei
atteso,
la pelle a toccare il marmo freddo,
che tutto fosse
tornato a posto,
il braccio nascosto tra le gambe,
la luce
sulle mie cosce nude,
la mano a coprirti il pube:»
(da "La divisione della gioia", Transeuropa, Massa 2010)