Martedì
29 luglio 2014 – quarto giorno
Nottata di sogni frenetici, di
cui ricordo molti particolari. Infatti*, quando mi sveglio scopro che
il tempo è cambiato. Il cielo è grigio e quando esco sento il
bisogno di una felpa. Un ticchettio sulla cima dei bungalow si
trasforma ben presto in una pioggerella monotona e insistente, che
mette a tacere persino l'eterno “uh-UH-uh” dei piccioni.
* Per comprendere questa
congiunzione dichiarativa, bisogna sapere che di solito il mio sonno
ha una consistenza granitica e quando ne riemergo non ricordo mai
nulla dei sogni che ho fatto. Se li ricordo, significa che ho dormito
male, e una delle cause può essere un improvviso cambiamento nel
tempo, al quale, da bravo meteoropatico, sono estremamente sensibile.
Alla pioggia si aggiunge una
notizia triste. È scomparso, a ottantaquattro anni, uno dei pionieri
del jazz europeo: Giorgio Gaslini.
Non posso riassumere in poche
righe la sua attività, che spazia lungo settant'anni di jazz e di
musica contemporanea. Fu, tra l'altro, il primo a insegnare jazz in
Conservatorio (poi il corso fu chiuso per eccesso di iscritti;
eh, sì...). L'avevo intervistato un paio di mesi fa, per un servizio
su Steve Lacy; era stato gentilissimo, di una lucidità e precisione
invidiabili. Un vero signore, con tocco di narcisismo da artista, che
non guastava. Parlava, come se niente fosse, di cene e chiacchierate
con gente come Max Roach, Don Cherry, Cecil Taylor.
Chi non segue il jazz, ma ha
almeno un minimo di interesse per il cinema, lo ricorderà ne “La
notte” di Antonioni. Tutta l'ultima sequenza del film ha il suo
gruppo che suona in scena, dal vivo. L'ultimissima scena è scandita
dal suo lacerato “Blues all'alba”.
(Ah, sì, Gaslini ha scritto il
temino di “Profondo Rosso”. Che peraltro a Dario Argento non
piacque e lo fece rielaborare il stile progressive da quel gruppetto
di carneadi. Ovviamente, su tutti i giornali c'è scritto solo
quello. Vabbè...).
“Pulchra
enim sunt ubera quae paululum supereminent et tument
modice, nec fluitantia licenter, sed leniter restricta, repressa sed
non depressa.*” (Gilberto di Hoyland, XII sec., citato nel “Nome
della rosa”)
Questi medievali sì, che se ne intendevano...
Questi medievali sì, che se ne intendevano...
*
“Belli dunque sono i seni che sporgono un poco e si gonfiano
leggermente, e non dondolano a piacere, ma sono un po' trattenuti,
contenuti non schiacciati”.
(Un vero peana al seno piccolo e
sodo, che personalmente sottoscrivo in pieno).
Finito il libro di Tournier.
Pausa di meditazione per scegliere il prossimo da leggere.
Finito di riguardare, per
documentazione, “Il jazz classico. Gli anni Venti” di Schuller e
“Il jazz e l'Africa” di Luigi Onori. Riguardo qualche capitolo
della “Storia del jazz” di Zenni. Ho anche attaccato il tomone di
“The Music of Black Americans” della Southern, e forse questa è
la volta che me lo leggo tutto da cima a fondo.
Bene, nuovo libro scelto. “Léon
l'Africain” di Amin Maalouf, pescato su una bancarella dell'usato
qualche settimana fa. La biografia semi-romanzata di un personaggio
straordinario: al-Hassan ibn Muhammad al-Wazzan al-Fasi, alias Leo
Africanus, o Leone l'Africano, o Leone de' Medici. Se non sapete chi
è, chiedete a Wiki.
Mattinata di relax. Tra una
pausa e l'altra della pioggia i bambini giocano sul piazzale, la
mamma sbriga qualche faccenda, il papà studia. Eli fa qualche
compitino di inglese per le vacanze.
Dopo pranzo, in uno sprazzo di
sereno, passeggiata sulla spiaggia. Il cielo è ancora rimescolato
dal temporale. Nuvoloni sfrangiati color grigio scuro occupano un
grande semicerchio proprio sopra la spiagga, aprendosi un po' solo
verso il largo, in direzione dell'Elba. Il mare è una lastra di
metallo grigio e increspato.
Lorenzo vede la sua prima
libellula; quasi trasparente tanto è sottile. Ogni volta che le
vedo, mi chiedo come facciano a tenersi insieme questi organismi
all'apparenza così delicati, i cui corpi sono tanto estesi in
lunghezza e tanto poco in larghezza; le paragono alla struttura
massiccia dei coleotteri, alle elitre spesse, agli addomi corazzati.
Eppure, le libellule sono fra gli esseri più antichi sulla faccia
della Terra, praticamente immutate da milioni di anni.
Leggo sulla pagina Facebook del
musicologo Stefano Zenni che il TG1 ha avuto la bella idea di
celebrare Giorgio Gaslini con un filmato di repertorio. Peccato che a
suonare ci fosse non Gaslini, ma Enrico Intra, da lui cordialmente
detestato.
Manco da morti si può aver
pace...
Lorenzo corre sulla riva del
mare, minuscolo con le sue ciabattone e con il suo caschetto di
capelli biondi. La spiaggia è stata ripulita dalle onde, ma lui è
fiero del tesoro che ha raccolto: due mezzi gusci di tellina, che a
casa mostra tutto orgoglioso alla mamma e alla sorella.
“Lorenzo, che fai con quel
sasso?”
“Ammazzo una fommica.”
“Ma perché, poveretta?”
“Pecché pottava da mangiare ai tuoi bambini.”
“E adesso?”
“Muoiono pule i bambini.”
“Ammazzo una fommica.”
“Ma perché, poveretta?”
“Pecché pottava da mangiare ai tuoi bambini.”
“E adesso?”
“Muoiono pule i bambini.”
Dopo la cena e il rituale salto
alla baby-dance (Eli è una ballerina scatenata, Lorenzo invece,
nonostante i suoi modi da teppa, è molto restio a stringere amicizie)
facciamo appena in tempo a tornare al bungalow. Ci dà la buonanotte
la pioggia che ha ripreso a scrosciare.
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