Orazio, Odi, I, 25Parcius iunctas quatiunt fenestrasiactibus crebris iuvenes protervi,nec tibi somnos adimunt, amatqueianua limen,quae prius multum facilis movebatcardines. Audis minus et minus iam:‘Me tuo longas pereunte noctes,Lydia, dormis?’.
Invicem moechos anus arrogantisflebis in solo levis angiportu,Thracio bacchante magis sub inter-lunia vento,cum tibi flagrans amor et libido,quae solet matres furiare equorum,saeviet circa iecur ulcerosum,non sine questu,laeta quod pubes hedera virentigaudeat pulla magis atque myrto,aridas frondes hiemis sodalidedicet Euro. * * *
Sempre più rari alle finestre chiuse
battono colpi i giovani sfrontati,
non ti rubano più il sonno, e resta ferma
sulla soglia la porta
che prima così spesso si muoveva
sui cardini. Ormai non senti quasi più:
“Io che son tuo consumo lunghe notti,
Lidia, e tu dormi?”.
Sarai tu a supplicare un adultero arrogante,
vecchia e disprezzata, in un vicolo solitario,
mentre il vento di Tracia impazza nelle notti
di luna nuova
e l'amore e la foia ti bruceranno
come infuriano le madri dei cavalli
e ti morderanno il fegato piagato
e piangerai
perché la lieta gioventù ama l'edera
verde e lo scuro mirto
e abbandona al vento invernale
le fronde inaridite.
3 commenti:
dici che i poeti sono dei gran depressi...ma a vedere le ultime due poesie di Orazio mi domando se non trattasi della ciclotimia :-)
"Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes." (Walt Whitman"
capita anche a me di non condividere le mie idee
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