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lunedì 7 ottobre 2013

la buona voglia




Voglia mi prende d'una buona ragazza
docile, che non faccia tante storie
di bianche cosce e di poppe tranquille.

Quando soffia la stufa e nel camino
fa lume rosso il fuoco e fuori è sera
sulla neve dei boschi e dei paesi
e piano sfilano i torrenti.

Io guarderei le braccia tonde e i gomiti
svincolando le sottovesti e oh bella
con qualche riso la treccia le cade!

Di me contenta, io contento di lei,
mi direbbe con una voce saggia:
«stai un po' buono» - e anche vorrei
che parlasse senese o perugino.

Molte cose mi dimenticherei
se avessi con me quella buona ragazza spogliata
con le due braccia lisce sul cuscino
un poco addormentata e un poco sveglia.

Franco Fortini
(da "Foglio di via", 1946)



nell'immagine: Boris Kustodiev, Venere Russa

mercoledì 10 ottobre 2012

più non posso



Se volessi un'altra volta queste minime parole
sulla carta allineare (sulla carta che non duole)
il dolore che le ossa già comportano

si farebbe troppo acuto, troppo simile all'acuto
degli uccelli che al mattino tutto chiuso, tutto muto
sull'altissima magnolia si contendono.

Ecco, scrivo, cari piccoli. Non ho tendine né osso
che non dica in nota acuta: «Più non posso».
Grande fosforo imperiale, fanne cenere.

Franco Fortini (da "Composita solvantur", 1994)

martedì 1 giugno 2010

esiste la primavera


Vorrei che i vostri occhi potessero vedere
questo cielo sereno che si è aperto,
la calma delle tegole, la dedizione
del rivo d’acqua che si scalda.

La parola è questa: esiste la primavera,
la perfezione congiunta all’imperfetto.
Il fianco della barca asciutta beve
l’olio della vernice, il ragno trotta.

Diremo più tardi quello che deve essere detto.
Per ora guardate la bella curva dell’oleandro,
i lampi della magnolia.

Franco Fortini

sabato 25 aprile 2009

da che parte stiamo



(Meglio essere chiari, di questi tempi.)

Canto degli ultimi partigiani

Sulla spalletta del ponte
Le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.

Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.

Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non è più d'uomini
Mordere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non è più d'uomini.

Ma noi s'è letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo libertà
Ma l'hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si farà.
Franco Fortini

* * *

Il periodo clandestino

Fu un amore, amici,
che doveva finire;
credemmo che gli uomini fossero santi,
i cattivi uccisi da noi,
credemmo diventasse tutta festa e perdono,
le piante stormissero fanfare di verde,
la morte premio che brilla
come sul petto del bambino
la medaglia alle scuole elementari.
Con pena, con lunga ritrosia,
ci ricredemmo.
Rimane in noi il giglio di quell'amore.

Mario Tobino

mercoledì 7 gennaio 2009

tutto quel che i poeti possono fare



Lontano lontano si fanno la guerra.
Il sangue degli altri si sparge per terra.

Io questa mattina mi sono ferito
a un gambo di rosa, pungendomi un dito.

Succhiando quel dito, pensavo alla guerra.
Oh povera gente, che triste è la terra!

Non posso giovare, non posso parlare,
non posso partire per cielo e per mare.

E se anche potessi, o genti indifese,
ho l'arabo nullo! Ho scarso l'inglese!

Potrei sotto il capo dei corpi riversi
posare un mio fitto volume di versi?

Non credo. Cessiamo la mesta ironia.
Mettiamo una maglia, che il sole va via.
(Franco Fortini)

La poesia è in "Composita solvantur" (Einaudi 1994), l'estremo testamento poetico di Fortini. All'epoca c'era la Guerra del Golfo (la prima). Oggi ci sono i bambini morti a Gaza. Le road maps, i trattati, gli appelli alla pace continuano ad accumularsi. La disperazione, l'orrore sono gli stessi, l'impotenza pure.
Pensavo di parlare di jazz, ma scusate, proprio non ce la faccio.