il colore della nafta e cisterne
l’agonia dell’aria sui cancelli
- ma il cuore degli uomini se graziato
risponde con un mantra di sirene
di fabbriche e vento sporco -
e i camion sulla camionabile
coi clacson cantavano il purgatorio:
“Dante quassù avrebbe sognato
la fissione dell’atomo o Hiroshima”,
e di nuovo autostrade
un valico a nord ovest
con la terra azzurra
il cielo azzurro di Vicchio
e sopra l’Appennino,
nel temporale, quella luce
affrancata dal bene
così limpida.
* * *
amava la salvia sui terrazzi
il citofono di voci sgraziate
il buio d’afa nella cassetta
delle lettere:
i saluti arrivavano come stendardi
e passati di moda, internet
lasciava schegge più certe.
scriveva barchette di carta, aeroplani,
inventava un mappamondo
pianeti senza divieto.
* * *
in albergo baciava ragazzi e ragazze
coi polsi rotti e gli ossi che finivano in cima alle dita
quella melodia di prigioni di porte accese
da untori che a lui non bastava a lui
saliva la fame nei denti e sul letto
tra schiena e cuscino amava
nel rosso.
* * *
il mondo nelle cose
il mondo nelle cose fino alle parole. nei canali trovava detriti, un abbandono più duro della terra. l’acqua spinge a riva la sua poltiglia, sembrava che le mani cogliessero un inferno di palcia, un interminabile margine ai margini di un giorno dove vanno sfollati i piedi, dove calza scarpe di gomma, dove il vento insegna la paura. guardava il sole, un agosto di trattori, l’erba dove la statale comincia a prendere tutto, a portare via.
Nadia Agustoni
(da "Il mondo nelle cose", Lietocolle 2013)
qui una recensione di Stefano Guglielmin e altri testi
qui un'intervista all'autrice
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