Mi dico: sta male
e io non posso fare nulla per aiutarla.
È un pensiero semplice semplice
dovrebbe consolarmi
la sua assoluta necessità
perché ci sono frontiere di buio
che non potrei in nessun modo forzare – ci sono
incrostazioni di uovo dai piatti cupi
che attendono risoluzione
insomma non posso non posso davvero
fare nulla. Dove è lei probabilmente
la luce è ancora chiara
spero sia come qui quando arriva
dopo il polline e le foglie
perché quello posso farlo – se non altro
sperare. Oppure è ancora costretta
a scavarsi gli occhi nel grigio
a scacciare il freddo da un lato
all'altro delle mani.
Non posso saperlo non c'è possibilità
alcuna di collimare – come sempre del resto
come ogni volta che le braccia
interrompono il gesto i denti
si rimangiano la fame.
Ciò che è inevitabile
dovebbe consolare – così penso.
Non dovrebbe attraversarmi
così a fondo lo slargo delle costole
non dovrebbe alzare tanta polvere
né sfregare così forte sulle iridi.
Il mondo – mi dico – è fatto di cose
non di pensieri – è tutto lì fuori
disteso senza ordine ed è lì
che il suo respiro e il mio confinano.
Una sera me l'hai detto – era novembre
talmente caldo da contare in terrazzo
una sigaretta dopo l'altra – me l'hai detto
c'erano dieci ragioni
per il sì cinquanta per il no.
Sarebbe bello se tutto obbedisse.
Potrei esaurire i passi
uno per volta tradire finalmente
le abitudini.
A volte mi prende alla schiena
come l'aria fredda di un temporale
un odore che attraversa le stanze
in tutte le direzioni
ti sento correre come fai sempre tu
e come sempre non riesco a fermarti.
venerdì 11 luglio 2014
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