Amore mio, nei vapori d'un bar
all'alba, amore mio che inverno
lungo e che brivido attenderti! Qua
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa
di rinfresco anche l'occhio, ora nell'ermo
rumore oltre la brina io quale tram
odo, che apre e richiude in eterno
le deserte sue porte?... Amore, io ho fermo
il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse
di tali ruote un'eco. Ma tu, amore,
non dirmi, ora che invece tua già il sole
sgorga, non dirmi che da quelle porte
qui, col tuo passo, già attendo la morte.
Giorgio Caproni
(da "Passaggio d'Enea, 1948)
"A Roma, verso la fine del 1945. Ero in una latteria, solo, vicino alla stazione,
e aspettavo mia moglie Rina che doveva arrivare da Genova. Una latteria
di quelle con i tavoli di marmo, con le stoviglie mal rigovernate che sanno
appunto di 'rinfresco'. Mia moglie non poteva stare con me a Roma
perché non trovavo casa e dovevo stare a pensione. Erano anni tremendi".
(Giorgio Caproni, intervista del 1981, da "L'opera in versi")
1 commento:
com'è angosciante questa solitaria attesa
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