mercoledì 10 novembre 2010

lezione di critica



http://www.youtube.com/watch?v=YP1-DcfFWJs


Che può farsene il mondo del jazz di una critica che decide quale debba essere il suo concetto di appartenenza, quali i suoi confini, quale il suo statuto, quali i parametri della sua evoluzione? Che può farsene il "campo" jazzistico di una critica che ancora pensa di poter disegnare una topologia del "lecito" e dell"'illecito," o anche solo del conveniente e del non conveniente? Niente. A meno che questa critica non riesca a ripensare la sua funzione, a ripensare il rapporto che essa intrattiene col jazz iniziando a considerarlo non un semplice "oggetto" (anche un oggetto culturale, dunque più che dignitoso), ma un vero e proprio "soggetto," qualcosa cioè dotato di una volitività, di un'alterità e di una necessità che non devono nulla alle nostre preoccupazioni, nemmeno a quelle motivate da sincero attaccamento.

(Giorgio Rimondi - l'articolo completo si può leggere qui)

4 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Pippe… in Italia non c'è una critica musicale professionistica (intendo proprio chi sia pagato per ascoltare musica e scriverne a propria discrezione) e siamo abbandonati alla cronaca musicale, al marketing o allr riflessioni meta-teologiche del critico che pensa se stesso pensante.

Marco

sergio pasquandrea ha detto...

beh, marco, quella di rimondi era un'alta riflessione epistemologica.
la tua, purtroppo, è la realtà...

Marco Bertoli ha detto...

Mi veniva anche da dire, leggendo la riflessione di Rimondi nella sede originale, che forse tanta musica di oggi ha la critica che si merita*, ma l'argomento di Rimondi mi smonta preventivamente l'obiezione: avrei così reificato la musica!

Oggi ho un po' i nervi

Marco

* Apro a caso la sezione dei dischi dell'ultimo Musica Jazz (ve bé…) e leggo di un disco in cui Stefano di Battista e Danilo Rea suonano "Parlami d'amore Mariù"; nella pagina dopo intravedo una tracklist che comprende una "Canzone di Polecenella". Altrove nella stessa rivista apprendo che il prossimo indispensabile sforzo di Trovesi e del suo fisarmonicista per la ECM sarà dedicato alle musiche di Offenbach (i cui Contes d'Hoffman mi piacciono molto, voglio notare).

Sì, percepisco davvero un'alterità che nulla deve alla mie preoccupazioni, come dice Rimondi.

sergio pasquandrea ha detto...

secondo me il problema è lessicale.
dovremmo rassegnarci a sezionare in tante unità distinte quello che oggi si chiama "jazz."
oppure trovare un iperonimo che le comprenda tutte.