martedì 12 maggio 2009
differenze
Le recenti dichiarazioni berlusconiane sull'Italia multietnica sono una chiara dimostrazione di quale sia la reale differenza tra lui e la Sinistra.
Berlusconi ha sempre avuto un sicuro intuito per la vera essenza della comunicazione pubblica, che non si basa sul ragionamento ma sulla suggestione, non sui distinguo ma sull'impatto, non sulle sottigliezze ma sui cazzotti argomentativi. La parola politica non prospera sul terreno fine e delicato della logica, ma su quello grasso e fecondo dei memi, delle metafore sintetiche, dei pensieri precotti.
“Italia multietnica” non è né una definizione, né un'analisi, né tantomeno una posizione politica: è uno spauracchio verbale. Berlusconi, con il fiuto del piazzista, ha individuato immediatamente la parola, “multietnica”, attorno alla quale si coagulano una serie di potentissime connotazioni secondarie: la paura del diverso, dello sconosciuto, del potenzialmente infetto, la difesa del territorio, il ritorno alle radici, il corazzamento dentro il proprio usbergo identitario. Detto da lui, “non vogliamo un'Italia multietnica” evoca tutta una processione di frasi-fantasma: se ne stiano a casa loro, qui i padroni siamo noi, quelli rubano, stuprano le nostre figlie, sono musulmani, difendiamo la fede cattolica, mamma li turchi.
Inutile ribadire con sottili disquisizioni, con appelli alla tolleranza e all'amore fraterno. Un ragionamento si svolge nel tempo, richiede attenzione e sforzo. Due parole come “Italia multietnica” si schiantano sull'ascoltatore sollevando uno scroscio di paure irrazionali e di istinti animaleschi.
La pancia viene prima del cervello, e anche prima del cuore.
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