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sabato 21 gennaio 2012

rovi


L’aria intera, il giorno intero
vortica dei richiami delle taccole. Una generazione
di giovani taccole è iniziata
alla taccolità – quel complicato
galateo di convenzioni

e precedenze, di sciovinismo e leggi.
Quasi un universo carcerario – con sbarre
di gridi e di segnali. I carcerieri
sono tutte le altre taccole. Aprendomi la strada
tra il groviglio dei rovi

di nuovo ho pensato: mi sentono?
I rovi sono un tale successo, le loro difese
così ben congegnate,
le loro estensioni così deliberate, sono coscienti?
Di certo un qualche nimbo di dolore e di piacere

risiede sul loro nudo diadema,
la loro offerta sessuale. Di certo non sono insensibili,
un cieco brancolare. Eppure, perché no?
Non è lo stesso per le cellule del mio sangue?
E persino i neuroni, che cosa sentono o temono

del bisturi o dell’incidente?
Anch'essi incoronano una pianta
di singolare insensibilità. E le taccole
operano oscuramente per esser taccole
come fossero semi nella terra.

L’intera claque è un’ottenebrata religione
intorno alla sintassi e al vocabolario divini
di una muta cellula, che non sa chi siamo
e neppure che siamo qui,
reticenti come un qualsiasi fiore di rovo.

Ted Hughes


(la traduzione è ripresa da qui - con qualche correzione mia;
l'originale si può leggere qui, andando un po' giù nella pagina)

sabato 7 febbraio 2009

il pensiero-volpe


Immagino la foresta a mezzanotte
qualcos'altro è vivo
oltre la solitudine della pendola
e questa pagina bianca dove si muovono le mie dita.

Non vedo stelle alla finestra:
qualcosa di più vicino
eppure più profondo nella tenebra
penetra la solitudine:

freddo, delicato come neve scura
il naso di una volpe tocca foglie, rami;
due occhi assecondano il movimento, che adesso
e ancora adesso, e adesso, e adesso

lascia impronte nitide nella neve
tra gli alberi, e cautamente un'ombra
obliqua arranca tra i ceppi e nel vuoto
di un corpo che avanza audacemente

fra le radure, un occhio,
un verde che si amplia e approfondisce,
brillante, concentrato,
va intorno a suo piacere

finchè, pungente improvvisa calda puzza di volpe,
penetra il buco oscuro della testa.
Ancora nessuna stella alla finestra; il tic della pendola,
la pagina è impressa.
Ted Hughes (1957)