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lunedì 15 novembre 2010

recensioni in pillole 72 - "Blankets"

Craig Thompson, Blankets, Rizzoli Lizard 2010 (592 pp., 29 €)

Sì, lo so che “Blankets” è uno dei capisaldi della graphic novel americana dello scorso decennio. Però io non l'avevo mai letto. Forse mi spaventavano le dimensioni, forse il prezzo, chissà.
L'averlo letto è frutto di due circostanze fortuite e non correlate: essere andato in fumetteria a comprare tutt'altro (questo) ed essere passato, subito prima, al bancomat per prelevare quel biglietto da cinquanta euro, destinato in teoria a necessità più utili e immediate.
Poi, quel che Craig Thompson racconta in “Blankets” non è certo nuovo: un'adolescenza da sfigato in un'opprimente cittadina della più profonda provincia americana; una famiglia cristiana fondamentalista (una di quelle che negano la teoria darwiniana, tanto per intenderci), iperprotettiva, che lo fa crescere con l'ossessione del peccato; i lunghi, vuoti pomeriggi da ragazzo; il primo amore; genitori in crisi; il coming of age; la maturazione.
Insomma, un Bildungsroman, un'educazione sentimentale. Onfaloscopie, roba vista e rivista centinaia, migliaia di volte.
Però.
Però Thompson ha forza e poesia: riesce a trasportarci in un mondo, che è il suo mondo, ma è anche di più; riesce a rendere vivi e veri i suoi personaggi. Riesce a farti provare i loro stessi sentimenti – anzi, di più, le loro stesse sensazioni. Riesce a far percepire, anche a te che non ci sei mai stato, il freddo e il silenzio di un interminabile inverno nel Wisconsin, il rumore del ghiaccio sotto gli stivali, la temperatura della neve a gennaio.
Riesce a raccontare quella disperazione, quell'entusiasmo, quella gioia e quel dolore assoluti, senza condizioni, che si possono provare solo a quindici o sedici anni, né prima, né dopo.
Riesce a farti stare con il fiato sospeso quando Craig e Raina si incontrano, e stanno per perdersi, e si ritrovano. E, quando (dopo oltre 400 pagine) finalmente fanno l'amore, riesce a farti ricordare esattamente che cosa hai provato tu, quella volta che ti sei svegliato e avevi la faccia proprio nell'incavo caldo tra i suoi seni, e hai deciso che, di tutti i posti nell'universo, quello sarebbe stato il tuo. E riesce a farti venire il magone quando nel finale... okay, okay, il finale non si rivela.
Insomma, Craig Thompson è un narratore vero. E “Blankets” è un capolavoro della graphic novel dello scorso decennio.

martedì 9 novembre 2010

recensioni in pillole 70 - "Logicomix"

Apostolos Doxiadis / Christos H. Papadimitriou / Alecos Papadatos / Annie Di Donna, Logicomix, Guanda, 2010 (352 pp., 23 €)

Sì, lo so, non se ne può più: ormai di graphic novels ne spuntano di nuove ogni giorno, come funghi. Però questa è diversa.
Inizia con gli autori (a proposito, sono quasi tutti greci, come si capisce dai nomi; i primi due sono professori universitari di matematica negli Stati Uniti e hanno scritto i testi; il terzo ha disegnato le pagine nitide ed espressive di questo libro; la quarta è la moglie del terzo, è francese e ha realizzato la colorazione); inizia, dicevo, con gli autori che discutono sulla possibilità di realizzare questo libro (sì, lo so, meta-fumetto, se n'è visto a bizzeffe: ma questo qui è diverso).
Insomma, quel che c'è di diverso è che il soggetto di questa graphic novel è nientedimeno che la matematica. Anzi, peggio. La branca più astratta e astrusa della matematica, quella che confina più strettamente con la filosofia: la logica.
La sfida di “Logicomix” è proprio questa: trasformare la logica in narrazione. Sfida vinta, lo dico subito, soprattutto perché il libro prende come protagonista uno dei più grandi logici e matematici del Novecento, Bertrand Russell, che fu anche una personalità complessa e affascinante.
Scienziato geniale (scrisse il suo opus magnum, i “Principia Mathematica”, a meno di quarant'anni), ma anche uomo multiplo e sfaccettato: matematico di formazione, ma anche appassionato di filosofia, nato da famiglia aristocratica, ma di idee politiche radicali, leader di movimenti pacifisti, alfiere del libero amore e della pedagogia non autoritaria (in tempi ancora non sospetti).
Attraverso le conversazioni tra gli autori, veniamo a poco a poco a scoprire la biografia, soprattutto intellettuale, di Russell, lo seguiamo nella sua inquieta ricerca, all'inseguimento dei principi primi della matematica, di un sapere che gli assicuri un fondamento conoscitivo solido e incrollabile. Incrociamo i maggiori matematici del Novecento, ne conosciamo genialità e meschinità.
Insomma, la sfida (vinta) di “Logicomix” è quella di creare un romanzo grafico lungo più di trecento pagine, incentrato su questioni filosofico-matematiche tra le più ardue che mente umana abbia mai concepito, completo di glossario e bibliografia finale, e di rendere il tutto leggibile e appassionante quanto un thriller o una spy-story.
Anzi, come veniamo a scoprire nelle ultime pagine, ci sono nessi sottili e segreti che uniscono Eschilo con Bertrand Russell. Non foss'altro che per queste piccole ma geniali illuminazioni, il libro meriterebbe di essere letto.

mercoledì 14 gennaio 2009

recensioni in pillole 3: "La mia vita disegnata male"


Gipi (Gianni Pacinotti), “La mia vita disegnata male”, Fusi Orari/Coconino Press, 2008
“...ero ancora (quasi) un adolescente. La forma di vita più inutile e malvagia che si possa immaginare, se si esclude un gremlin bagnato”.

Lo sappiamo tutti che l'adolescenza è uno schifo. E sappiamo tutti che poi quello schifo ci sembra un paradiso. E la terza cosa che sappiamo tutti è che chi cerca di raccontare quello schifo nove volte su dieci produce uno schifo anche peggiore.
Questa, secondo me, è la ragione principale per cui Gipi è un genio.
Perché in questo “romanzo disegnato” riesce a raccontare un'adolescenza (e che adolescenza: droghe, autolesionismo, ribellioni senza causa, periferie, amici fatti dondolare sui falò e poi lasciati cadere dentro senza un perché, tentativi di suicidio finiti in lanci di bouquet, dieci giorni in galera), mescolandola con deliri, sedute psicoanalitiche, sogni, traumi infantili, orsi che dicono “cazzo”, tentati sturpi, problemi di erezione, visite mediche, storie di pirati, producendo alla fine un'opera di pura poesia.
E se dico “poesia”, la parola non esclude affatto la comicità. Anzi, LMVDM è un libro in cui si ride spesso, e di gusto, anzi, si ride proprio dove il racconto sembrerebbe più tragico (del resto, lo dice lui stesso: “delle tragedie si dovrebbe ridere sempre”).
Gipi si racconta senza il minimo pudore, con toscana, puntuta brutalità.
Disegna “male”, probabilmente, eppure conosco fior di disegnatori che darebbero un braccio per “disegnare male” così, con quel tratto aggrovigliato, nervoso, che a volte diventa leggero come una brezza a volte sembra voler incidere il foglio fino a lacerarlo. I suoi panorami di periferia sono tra le cose più struggenti che mi sia mai capitato di vedere, e i suoi acquerelli sono semplicemente magistrali. I suoi volti, poi, e i suoi corpi: pigri, pieni di spunzoni e di parti molli.
Per inciso, il suo “Appunti per una storia di guerra”, uscito per Rizzoli un paio d'anni fa, è uno dei più bei romanzi italiani di questo decennio che sta per finire.
A proposito, Gipi sta diventando famoso. Negli Stati Uniti l'hanno osannato come “uno dei più grandi autori europei di graphic novels”. È andato persino in TV, e con la sua spigolosa simpatia pisana ha fatto un figurone. Ma non si prostituirà mai al successo, è troppo dolorosamente onesto.
L'ho già detto che è un genio?