Non sono un gran lavoratore. Non lo sono per nulla, anzi: lontanissima da me l'idea – o il sospetto: poiché solo il sospetto basterebbe a disgustarmi – che lo scrivere sia un lavorare. Lavoro è fare le cose che non piace fare: e ci sono stato dentro per circa vent'anni, appunto trovando nello scrivere controparte di riposo, di gioia. [...] E per quanto amare, dolorose, angoscianti siano le cose di cui si scrive, lo scrivere è sempre gioia, sempre "stato di grazia". O si è cattivi scrittori. E non solo Dio sa se ce ne sono, e quanti: lo sanno anche i lettori.(Leonardo Sciascia, "La strega e il capitano")
La citazione qui sopra è una excusatio non petita per l'abulia che ultimamente afflige il blog.
Potrei dire a mia discolpa (e sarebbe anche vero) che ho avuto tanto da fare, che il superlavoro incalza, che le vacanze di Natale sono state folte di parenti, cenoni e cotechini (i quali ultimi io in realtà non mangio, ma vabbè).
Potrei dire a mia discolpa (e sarebbe anche vero) che ho avuto tanto da fare, che il superlavoro incalza, che le vacanze di Natale sono state folte di parenti, cenoni e cotechini (i quali ultimi io in realtà non mangio, ma vabbè).
Però la vera ragione è un'altra: dopo sette anni, il blog mi ha stancato. Senza contare che sono oramai in avanzato stato di rigor mortis i blog in generale, quelli letterari in particolare, financo i più anziani e autorevoli (fatevi un giro su Nazione indiana, Carmilla, Il primo amore, La poesia e lo spirito per farvene un'idea), figuriamoci quindi le paginette di sfogo personale come questa.
Ad ogni modo, ho un po' di roba arretrata del 2016 che non ho mai pubblicato. Lo farò nei prossimi giorni.
Poi, time will tell.
1 commento:
Tutti su fessbuck, tutta vita!
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