C'è una donna che cammina.
Io la guardo.
Sono abituato a vederla incedere, facendo leva sulle caviglie con energia imperiosa.
Ora invece avanza a piedi nudi su un terreno di scisti, che ad ogni passo le lacerano la pelle. Si lascia dietro un alfabeto di gocce colo rosso vivo, che in lontananza si fanno brune, quasi avesse seminato una scia di foglie autunnali.
Io la guardo, ma non posso parlarle. Non sento la sua voce, ormai da mesi, da anni; eppure so che mi vede. Sa che sono lì e che la sto guardando.
Ogni tanto si porta una mano al petto e stringe, fino a farlo scricchiolare. Allora si vede, sotto la pelle resa diafana dalla stretta, il cuore.
Io allungo la mano ma, per quanto le arrivi vicino, non riesco a sfiorarla. Resta una cuticola d'aria fra le mie dita e il suo cuore; aria dura e acuminata, come fatta di galaverna.
Ma io so che le vede la mia mano, a pochi centimetri dalle sue costole. E sorride, come se davvero l'avessi accarezzata.
Non è solo il terreno a farla sanguinare. Sono, tutto attorno, pareti di spine che le si serrano addosso, le lacerano i palmi mentre cerca di spingerle via, le strozzano il respiro in un pianto che non trova mai la via della gola.
Ora mi guarda, dritto negli occhi. E i suoi occhi sono enormi, nerissimi, sono due schegge d'ossidiana che conservano, incastonati, la luce e il calore di antichissimi vulcani.
Io non le posso parlare; ma se potessi, le direi che è bella. Che il suo cuore è un boccone di pane e il suo sorriso una mandorla.
Se potessi toccarla, la avvolgerei in una coperta di parole, le presterei le braccia per difenderla, le insegnerei a coltivare la felicità come una foglia di basilico.
Il suo corpo è uno stelo ancora verde, la sua voce le brilla tra i denti come mica.
Ma continua ad affondare le dita, finché la pelle cede e il cuore smete, solo per un attimo, di battere.
Il suo grido allora è il mio grido; e sono entrambi muti. Il dolore la circonda come un volto improvvio di uccelli spaventati.
Io lo raccolgo sulle mani e annuso il suo odore di piume e d'acqua salata.
Io porto alla bocca il suo dolore e lo accetto come un'ostia.
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