"Il
linguaggio, inoltre, non ha regole fisse: lo trasformano le
consuetudini sociali in continua, rapida evoluzione. Molti prendono i
termini da un altro periodo, parlano la lingua delle Dodici Tavole; per
loro Gracco, Crasso, Curione sono troppo raffinati e moderni, tornano
indietro fino ad Appio e Coruncanio. Altri, invece, cercano solo
espressioni trite e consuete e cadono nel triviale. Tutti e due gli
stili sono corrotti, sia pure in modo diverso, come, perbacco, quando si
vogliono usare solo vocaboli splendidi, altisonanti e poetici, ed
evitare quelli indispensabili e usuali. A mio parere sbagliano sia gli
uni che gli altri: i primi per troppa cura, i secondi per troppa
trascuratezza, quelli si depilano anche le gambe, questi neppure le
ascelle."
(Seneca, Lettere a Lucilio, 114, par. 13-14)
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