domenica 18 settembre 2016

fai bene se t'astieni (rime di Argìa Sbolenfi)

Di Olindo Guerrini ho parlato qualche giorno fa, pubblicando le poesie del suo alter ego tisico-maudit Lorenzo Stecchetti. Oggi è la volta di un altro dei suoi pseudonimi: Argìa Sbolenfi, zitellona bolognese alla perpetua ricerca di un marito.

* * *

Si compiace delle prossime nozze
(sonetto sbolenfio)


Spero davvero che il mio fiero isterico
Male, che assale quale un fucil carico,
Cessi gli spessi accessi e il mio rammarico
Cada per strada e vada nel chimerico.

Bandito è il rito ed un vestito serico
Stato è tagliato, come ho dato incarico;
Del normal verginal segnai mi scarico,
Che l’ara cara già prepara il chierico.

Sposo! ed oso un focoso panegirico
In onor di chi al cor l’amor teorico,
(Che splende e non accende) or rende empirico.

Chi è matto affatto, questo fatto storico
Può far burlar nel suo ghignar satirico,
Ma intanto io canto e accanto a LUI mi corico!

* * *

Favolette morali

VII.

Un tonno innamorato
        Lesse i Promessi Sposi
        E tutto riscaldato
        Da sensi religiosi,
        Andò pianin pianino
        A farsi cappuccino.

Morale

Fai bene se t’astieni
        Dal legger libri osceni.


XXII.

La sega ed il ditale
        Sposi a dieci anni soli
        Dal nodo coniugale
        Non ebbero figliuoli,
        Perciò, con atto egregio,
        Fondarono un collegio.

Morale

Son sterili soventi
        Le nozze tra parenti.

* * *

La capretta

Florentem cytisum sequitur lasciva capella.
VIRG. Ecl. II, 64.



Quando trovo qualcun che me la mena,
        La mia capretta, a pascolar sul monte,
        Tutta la sento di dolcezza piena
        Guizzar pel gusto che le brilla in fronte:

E se poi qualchedun me la rimena,
        Corro tosto a lavarla ad una fonte,
        Indi l’asciugo e non è asciutta appena
        Che a trastullarsi ancor le voglie ha pronte.

Sempre sana e piacente, al caldo e al gelo
        Va intorno e cogli scherzi altrui diletta,
        Tanto la tenni e l’educai con zelo.

Eccola quì che una carezza aspetta,
        Fresca, pulita e non le pute il pelo.....
        Dite, chi vuol baciar la mia capretta?

* * *

Ad un orologio guasto

Poi che il pendolo tuo giù penzoloni
            Non ha più moto ed impotente stà
E gl’inutili pesi ha testimoni
            Della perduta sua vitalità,

Vecchio strumento, m’affatico invano
            A ridestar l’antica tua virtù;
Inutilmente con l’industre mano
            Tento la molla che non tira più.

Questa tua chiave, che ficcai si spesso
            Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero l’ingresso
            Ad ogni più riposta cavità.

Deh, come baldanzoso un dì solevi
            L’ora dolce del gaudio a me segnar
E petulante l’ago tuo movevi
            Non mai spossato dal costante andar!

Quante volte su lui lo sguardo fiso
            Or tengo e penso al buon tempo che fu.
Se almen segnasse mezzodì preciso.....
            Ma sei e mezza!... e non si move più!




Nessun commento: