Di Olindo Guerrini ho parlato qualche giorno fa, pubblicando le poesie del suo alter ego tisico-maudit Lorenzo Stecchetti. Oggi è la volta di un altro dei suoi pseudonimi: Argìa Sbolenfi, zitellona bolognese alla perpetua ricerca di un marito.
* * *
Si compiace delle prossime nozze
(sonetto sbolenfio)
Spero davvero che il mio fiero isterico
Male, che assale quale un fucil carico,
Cessi gli spessi accessi e il mio
rammarico
Cada per strada e vada nel chimerico.
Bandito è il rito ed un vestito serico
Stato è tagliato, come ho dato
incarico;
Del normal verginal segnai mi scarico,
Che l’ara cara già prepara il
chierico.
Sposo! ed oso un focoso panegirico
In onor di chi al cor l’amor teorico,
(Che splende e non accende) or rende
empirico.
Chi è matto affatto, questo fatto
storico
Può far burlar nel suo ghignar
satirico,
Ma intanto io canto e accanto a LUI mi
corico!
* * *
Favolette morali
VII.
Un tonno innamorato
Lesse i Promessi Sposi
E tutto riscaldato
Da sensi religiosi,
Andò pianin pianino
A farsi cappuccino.
Morale
Fai bene se t’astieni
Dal legger libri osceni.
Lesse i Promessi Sposi
E tutto riscaldato
Da sensi religiosi,
Andò pianin pianino
A farsi cappuccino.
Morale
Fai bene se t’astieni
Dal legger libri osceni.
XXII.
La sega ed il ditale
Sposi a dieci anni soli
Dal nodo coniugale
Non ebbero figliuoli,
Perciò, con atto egregio,
Fondarono un collegio.
Morale
Son sterili soventi
Le nozze tra parenti.
Sposi a dieci anni soli
Dal nodo coniugale
Non ebbero figliuoli,
Perciò, con atto egregio,
Fondarono un collegio.
Morale
Son sterili soventi
Le nozze tra parenti.
* * *
La capretta
Quando trovo qualcun che me la mena,
La mia capretta, a pascolar sul monte,
Tutta la sento di dolcezza piena
Guizzar pel gusto che le brilla in fronte:
E se poi qualchedun me la rimena,
Corro tosto a lavarla ad una fonte,
Indi l’asciugo e non è asciutta appena
Che a trastullarsi ancor le voglie ha pronte.
Sempre sana e piacente, al caldo e al gelo
Va intorno e cogli scherzi altrui diletta,
Tanto la tenni e l’educai con zelo.
Eccola quì che una carezza aspetta,
Fresca, pulita e non le pute il pelo.....
Dite, chi vuol baciar la mia capretta?
* * *
Ad un orologio guasto
Poi che il pendolo tuo giù
penzoloni
Non ha più moto ed impotente stà
E gl’inutili pesi ha testimoni
Della perduta sua vitalità,
Vecchio strumento, m’affatico invano
A ridestar l’antica tua virtù;
Inutilmente con l’industre mano
Tento la molla che non tira più.
Questa tua chiave, che ficcai si spesso
Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero l’ingresso
Ad ogni più riposta cavità.
Deh, come baldanzoso un dì solevi
L’ora dolce del gaudio a me segnar
E petulante l’ago tuo movevi
Non mai spossato dal costante andar!
Quante volte su lui lo sguardo fiso
Or tengo e penso al buon tempo che fu.
Se almen segnasse mezzodì preciso.....
Ma sei e mezza!... e non si move più!
Non ha più moto ed impotente stà
E gl’inutili pesi ha testimoni
Della perduta sua vitalità,
Vecchio strumento, m’affatico invano
A ridestar l’antica tua virtù;
Inutilmente con l’industre mano
Tento la molla che non tira più.
Questa tua chiave, che ficcai si spesso
Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero l’ingresso
Ad ogni più riposta cavità.
Deh, come baldanzoso un dì solevi
L’ora dolce del gaudio a me segnar
E petulante l’ago tuo movevi
Non mai spossato dal costante andar!
Quante volte su lui lo sguardo fiso
Or tengo e penso al buon tempo che fu.
Se almen segnasse mezzodì preciso.....
Ma sei e mezza!... e non si move più!
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