e raccolsi le forze per alzarmi
Era di notte
e mi avviai indovinando la strada
Volli orientarmi col suono
del ruscello
ma l'acqua non si udiva,
solo i cani abbaiavano al mio passare
Questa è la casa di Juan Chilito mi dicevo
infatti erano tre i cani che abbaiavano
Come non dovevano abbaiare se mi mancava la testa
Vado da Pedro Daza
infatti sono quattro o sei ad abbaiare
tornavo e mi dicevo
Come non dovevano abbaiare
se mi mancavano le gambe
Alla fine trovai la tua casa, madre
La tua casa come una nube bianca
fra tanta nerezza
Pensai che dormisse spossata dalla pena
e non volli svegliarti
e me ne andai da dove ero venuto
* * *
– Non smettono di passare le mule,
passano nella mia testa
o sono mule in carne e ossa
cariche di caffè verso il porto?
Verifica dalla finestra
– Alla finestra sto
è da un po' infatti che le sento,
quelle mule portano un altro carico,
lo stesso che ti toglie il sonno
– Portano oro?
– Qualcosa che vale più o meno dell'oro,
cadaveri sulle loro groppe
Le teste senza sangue dei morti
illuminano le strade deserte
* * *
– Sicuro che sono le api a ronzare
intorno ai cavalli che mangiano la canna?
– Sì, figlio, sono le api
– Sicuro che uno è il cavallo nero
e l'altra la puledra saura?
– È così, uno è il cavallo al passo di tuo padre
e l'altra la puledra saura di tuo nonno
– Sicuro che è una mattina di sole
e i cavalli ciondolano la testa mentre mangiano?
– Dici bene, figlio, i cavalli sonnecchiano
e ciondolano la testa per la calura
(Come dirgli che non si vede niente
e che a ronzare sono le mosche
sui nostri colpi insepolti)
* * *
Sono cessate le grida di dolore
e di spavento
e la notte scende
sopra i monti orfani
Chiudo i tuoi occhi
bacio la tua fronte,
gli assassini dormono ubriachi
sulle tavole delle osterie
Allontanati nel sogno, figlio
e non volgere lo sguardo
a questa terra maledetta
Horacio Benavides
(nato a Bolívar, Colombia, nel 1949)
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