Ad esempio il volumetto BUR con le poesie di Georg Trakl era lì da anni, su uno scaffale in casa dei miei. Dentro c'era questa poesia, che Trakl scrisse cent'anni fa, per descrivere con straordinaria precisione me, stasera, proprio in quest'ora crepuscolare del 3 gennaio 2015, in cui la sto leggendo e traducendo.
* * *
Sulla via
A sera lo straniero fu portato alla camera mortuaria;
odore di catrame; quieto fruscio di platani rossi;
il volo scuro delle taccole; sulla piazza montavano la guardia.
In neri lenzuoli è calato il sole; sempre ritorna questa sera passata.
Nella stanza accanto la sorella esegue una sonata di Schubert.
Affonda quieto il suo sorriso nella fontana cadente,
con il suo azzurro fruscio nella penombra. Oh, com'è antica la nostra razza.
Qualcuno sussurra laggiù nel giardino; qualcuno ha lasciato questo cielo nero.
Nell'armadio profumano le mele. La nonna accende candele dorate.
Oh, com'è mite l'autunno. Quieti risuonano i nostri passi nel parco antico
sotto gli alberi alti. Oh, com'è severo il volto giacìnteo del crepuscolo.
La fonte azzurra ai tuoi piedi, misterioso il rosso silenzio della tua bocca,
incupita nel sonno delle fronde, nell'oro scuro dei girasoli cadenti.
Le tue palpebre pesanti di papavero sognano quiete sulla mia fronte.
Gentili campane mi agitano il petto. Una nuvola azzurra
è il tuo volto calato sul mio nella penombra.
Un canto con chitarre riecheggia da un'ignota taverna,
là cespugli di sambuco selvatico, un giorno di novembre da lungo passato,
passi familiari sulla scala in penombra, la vista delle travi imbrunite,
una finestra aperta, dove indugia una dolce speranza –
indicibile è tutto, mio Dio, da farmi cadere in ginocchio tremante.
Oh, com'è scura questa notte. Una fiamma purpurea
si è spenta sulla mia bocca. Nel silenzio
smuore il tintinnio di corde dell'anima in ansia.
Lascia che, ebbra di vino, la testa sprofondi nel fosso.
Sulla via
A sera lo straniero fu portato alla camera mortuaria;
odore di catrame; quieto fruscio di platani rossi;
il volo scuro delle taccole; sulla piazza montavano la guardia.
In neri lenzuoli è calato il sole; sempre ritorna questa sera passata.
Nella stanza accanto la sorella esegue una sonata di Schubert.
Affonda quieto il suo sorriso nella fontana cadente,
con il suo azzurro fruscio nella penombra. Oh, com'è antica la nostra razza.
Qualcuno sussurra laggiù nel giardino; qualcuno ha lasciato questo cielo nero.
Nell'armadio profumano le mele. La nonna accende candele dorate.
Oh, com'è mite l'autunno. Quieti risuonano i nostri passi nel parco antico
sotto gli alberi alti. Oh, com'è severo il volto giacìnteo del crepuscolo.
La fonte azzurra ai tuoi piedi, misterioso il rosso silenzio della tua bocca,
incupita nel sonno delle fronde, nell'oro scuro dei girasoli cadenti.
Le tue palpebre pesanti di papavero sognano quiete sulla mia fronte.
Gentili campane mi agitano il petto. Una nuvola azzurra
è il tuo volto calato sul mio nella penombra.
Un canto con chitarre riecheggia da un'ignota taverna,
là cespugli di sambuco selvatico, un giorno di novembre da lungo passato,
passi familiari sulla scala in penombra, la vista delle travi imbrunite,
una finestra aperta, dove indugia una dolce speranza –
indicibile è tutto, mio Dio, da farmi cadere in ginocchio tremante.
Oh, com'è scura questa notte. Una fiamma purpurea
si è spenta sulla mia bocca. Nel silenzio
smuore il tintinnio di corde dell'anima in ansia.
Lascia che, ebbra di vino, la testa sprofondi nel fosso.
(Georg Trakl - traduzione mia)
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