Sesto? Di già?
Ho da leggere e – possibilmente – anche da scrivere. E dormo poco. E il wireless del campeggio funziona bene solo la mattina presto. Tre ottimi motivi per svegliarmi di buon'ora.
Se il tempo è bello, è anche piacevole mettersi a leggere fuori, sul gazebo, mentre la pineta poco a poco si risveglia. Speriamo bene.
Pensavo a Eli che l'altro giorno pretendeva di portarsi dietro la torcia elettrica perché, mentre noi andavamo a buttare l'immondizia, lei così avrebbe continuato a leggere il suo libro. Di notte, camminando al buio. Il rischio di una capocciata contro un albero è nulla, di fronte all'ansia di finire il capitolo. La genetica a volte fa brutti scherzi.
Pensavo anche a Lorenzo, che con tutta la sua vivacità ciclonica poi non sta volentieri con i bambini suoi coetanei. È anche vero che gioca tutto il tempo con la sorellina e che i due sono molto legati. Forse lo frena il fatto che il suo linguaggio è ancora articolato in modo molto personale, con frequenti sostituzioni di consonanti che lo rendono difficilmente intelleggibile ai non-iniziati (“pelò petté la notta tata tta tulla ttata?”, frase tipo). Lo so, è piccolo, quattro anni e mezzo, e per il resto le frasi – lessico, sintassi – sono formulate benissimo, e quando glieli si chiede, con un po' di sforzo, i suoni mancanti riesce più o meno ad articolarli; ma a settembre dovremo vedere se consultare un logopedista o lasciare che la natura faccia il suo corso. La seconda probabilmente. Però, allo stesso tempo, il problema lo limita nei rapporti con sociali, perché gli altri bimbi spesso non lo capiscono, o lo prendono in giro. Del resto, a correggerlo noi rischiamo di far peggio.
Insomma, it's a Dad's life.
- Sul giornale c'è un articolo che si chiama “L'indifferenza che uccide”. L'hai letto?
- No, ovviamente.
(Scene di teatro dell'assurdo in casa Pasquandrea)
“Dieu, qui m'a créé faible, me reprochera-t-Il un jour ma faiblesse?”
(Amin Maalouf, “Léon l'Africain”)
("Dio, che mi ha creato debole, mi rimprovererà un giorno per la mia debolezza?")
Dopo un'intera giornata in felpa e jeans lunghi, mettersi a spazzare il piazzale a torso nudo è una bella soddisfazione.
“Fermati un attimo”, mi dice la gente che mi vede sempre con il naso in un libro.
“Rilassati, divertiti”, mi dice mia moglie quando, durante i pranzi in famiglia, staziono per ore su una sedia in silenzio, con gli occhi bassi e il muso lungo.
Non si rendono conto che gli altri chiamano “divertimento” ciò che per me è noia: smettere di pensare, ripetere gli stessi atti e le stesse parole (le da me detestatissime “tradizioni”, ossia la coazione a ripetere elevata a norma sociale). Detesto le repliche, le persone superficialmente spiritose, i discorsi già sentiti, i chiacchieroni, i luoghi comuni, i “signora mia”. Odio essere rassicurato. Mi diverte la novità, lo stimolo intellettuale, l'ostacolo da superare, il pensiero che ribalta il luogo comune.
In fondo, ho la fortuna di divertirmi lavorando.
Giornata estiva, finalmente.
La mattina, l'aria ancora limpida per le piogge dei giorni precedenti permette di distinguere tutto il cerchio della costa fino a Piombino (una quindicina di chilometri, in linea d'aria). Dall'Elba, si distacca il profilo di un'isoletta che credo sia Cèrboli.
Dopo pranzo, comincio ad avvertire un mal di testa accompagnato da nausea e un leggero capogiro. Un colpo di calore? Strano, perché il caldo è moderato e poi io sono come le lucertole: con il caldo mi rianimo. Comunque, un'oretta sul letto del bungalow risolve tutto.
Tornato alla spiaggia, trovo Lorenzo seduto sulla battigia, con l'aria insonnolita. La mamma sguazza lì davanti, nell'acqua bassa, mentre Eli gioca con una bimba, qualche metro più in là.
“Stavamo giocando a palla”, racconta la mamma, “quando quella bambina si è avvicinata e hanno cominciato a giocare. A quel punto, Eli si è girata verso di me e mi ha detto: Va bene, mamma, adesso puoi anche andare”.
L'abbronzatura procede secondo i piani: alla fase “mozzarella” è succeduta la fase “gambero”, che poi sarà seguita da quella finale, “leggermente brunito” (il massimo che mi consente la mia carnagione).
Problemi di socialità.
La nuova amichetta di Eli non vuole ballare, invece la bimba con cui ha fatto amicizia l'altroieri sì. Lei si divide diplomaticamente tra la pista da ballo e il parco-giochi.
Lorenzo: “Ma non capitti, mamma, è quetto il pobblema! Io non potto fale amititia, petté non pallo bene!”
Okay, finché si tratta di guardare Eli che si diverte con la baby-dance, ci sto pure. Ma i balli di gruppo per adulti con l'istruttrice di zumba: no, no, no e ancora no.
Approfittando del fatto che Lorenzo è crollato addormentato, me la svigno al bungalow.
5 commenti:
permetti un attimo di deformazione professonale? non è che Lorenzo parla così perché ha ancora la deglutizione dei lattanti e spinge avanti con la lingua? ha usato molto ciuccio o dito da succhiare o biberon?
perché ci casco sempre? :(
ciuccio per niente, e neanche dito da ciucciare. biberon ogni tanto lo prende ancora, ma per il resto mangia normalmente.
del resto, il bibe l'ha preso a lungo anche Elena, ma parlava benissimo già a 3-4 anni.
il problema è che sostituisce quasi tutte le occlusive con la "p" o la "t". se glieli si fa ripetere, pronuncia quasi tutti i suoni, tranne alcuni: ha difficoltà con la "r" e in generale con le consonanti sonore (dice la "c" per la "g" e la "p" per la "b").
comunque le maestre hanno consigliato di aspettare e poi casomai sentire un logopedista più avanti. sentiremo anche la pediatra (che è nuova, perché l'altra è andata in pensione qualche mese fa).
insomma, ti tengo aggiornata ;-)
ma sti poveri medici nessuno li prende in considerazione:
prima il foniatra, poi semmai la logopedista :)
ah, questi sono dettagli tecnici che ignoro. ce lo dirà, a suo tempo, la pediatra.
del resto, anche mio cognato, stando ai racconti di mia moglie, fino a 4-5 anni farfugliava in modo quasi incomprensibile, poi tutto si è risolto da sé.
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