Gigi Simeoni, Stria, Sergio Bonelli Editore, giugno 2011 (320 pp., 9 €)
È sempre il solito, vecchio discorso: non importa cosa, ma chi e come.
Detto altrimenti: si può ancora parlare dell'adolescenza? Si può raccontare dei primi amori, dello sfigato escluso dal gruppo, di quanto sia crudele e violenta quell'età che, con il (dis)senno del poi, ci sembra tanto bella?
Sì, si può, a patto di saperlo fare. E Simeoni lo sa fare.
Gigi Simeoni è, attualmente, uno dei più bravi autori (autore completo: sceneggiatura e disegni) nell'ambito del fumetto “popolare” italiano. E metto “popolare” tra virgolette, capirete poi perché. “Stria” è il quinto dei “Romanzi a fumetti”, volumoni autoconclusivi che la Sergio Bonelli Editore va pubblicando, con cadenza variabile, da qualche anno a questa parte. Nella stessa serie, Simeoni aveva già pubblicato nel 2007 il bellissimo “Gli occhi e il buio”, thriller psicologico dall'ambientazione insolita (la Milano belle époque, ricostruita con grande finezza).
“Stria” potrebbe sembrare un horror con venature gialle. La trama: Chiara è una hostess, soffre di allucinazioni che rischiano di portarla alla follia; Fabio è un fotoreporter di guerra, (apparentemente) abituato ad affrontare ogni tipo di orrore. Quando si incontrano, scoprono di avere qualcosa in comune: un trauma che entrambi hanno rimosso, ma che si ricollega a un'oscura leggenda, raccontata da secoli tra le valli bresciane.
E già qui l'opera sarebbe molto ben riuscita. Simeoni costruisce una trama perfetta: un giallo che si rivela e ribalta nel finale e un horror che gioca in modo magistrale sui toni dell'orrido e dell'angoscioso. Ma, all'interno di questa che è in tutto e per tutto un'opera "di genere”, si inserisce anche una vicenda psicologica di coming of age, di inclusione/esclusione dal gruppo. Che trae ancora più forza dall'essere inserita nel contesto di un fumetto “popolare” (e qui, forse, avrete capito perché uso le virgolette).
Molti hanno citato lo Stephen King di “It”: io, confesso, King non l'ho mai letto, quindi non mi pronuncio. Dico solo che ho il massimo rispetto per la letteratura di genere e che preferisco una solida narrazione a un'onfaloscopia masturbatoria.
Per finire, i disegni sono efficaci, senza una sbavatura, senza strafare in virtuosismi tecnici. E la storia è ambientata, Deo gratias, in Italia, e non nell'ennesima cittadina della provincia americana, da cui il nostro immaginario sembra essere ormai colonizzato senza rimedio.
Insomma: chapeau.
* P.S.: Accogliendo un suggerimento di Antonio, considero a tutti gli effetti i “booktrailer” di qualche post fa come “recensioni in pillole” ufficiali, che quindi vengono ad impegnare i numeri dal 105 al 116.
Oggi…
15 ore fa
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