Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce. Vero falso finto, Feltrinelli 2006 (340 pagg, 25 €)
Ci sono libri che sono l'equivalente di epifanie intellettuali. Per me uno di questi è stato Storia notturna (1989), il celebre studio di Carlo Ginzburg sulla stregoneria: un libro che univa in modo geniale punti lontani del sapere (storia, sociologia, antropologia), accompagnandoli con una capacità affabulatoria che trasformava un'opera di ardua erudizione in una lettura appassionante.
Il filo e le tracce (tredici saggi pubblicati fra il 1984 e il 2003, più tre inediti) è una sorta di ricapitolazione dei temi che hanno sempre innervato la ricerca di Ginzburg.
Le “tracce” sono la base del suo metodo, incentrato sulla ricerca di emergenze culturali apparentemente secondarie, eccentriche ma che consentono di gettare una luce sorprendente su un periodo storico o su una categoria storiografica. “Microstoria”, come viene spesso chiamata, apparentemente simile a certe ricerche “postmoderne” che hanno rifiutato i grandi impianti storiografici e hanno sostenuto l'impossibilità di arrivare a una sintesi globale dell'esperienza storica, equiparando di fatto la storia alla narrazione e negandole ogni valore conoscitivo. Ma qui interviene il sottotitolo: “vero falso finto”, autentico cuore metodologico del libro.
Ginzburg, infatti, non si limita mai al “micro”, e cerca invece di illuminare il generale tramite il particolare; pur avendo sempre presente la natura culturalmente costruita del discorso storico, non rinuncia mai al suo valore conoscitivo più generale. La distinzione tra ciò che è vero (i fatti), ciò che è finto (la narrazione) e ciò che è falso (la mistificazione) rimane per il lui il dovere primo e il compito ultimo dello storico.
Questo libro, però, non si esaurisce nell'interesse puramente storico dei saggi raccolti, perché quello che ne emerge è una vera e propria autobiografia intellettuale dell'autore. Lo dimostra il brano (p. 282) in cui Ginzburg descrive l'origine della sua attività di storico, “l'euforia dell'ignoranza”: “la sensazione di non sapere niente e di essere sul punto di cominciare a imparare qualcosa. [...] L'intenso piacere associato a questo momento [ha] contribuito a impedirmi di diventare uno specialista”. E ci ha consegnato alcuni dei libri di storia più profondi degli ultimi quarant'anni, in cui la cultura prende la forma che dovrebbe sempre avere: quella del piacere di imparare.
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2 commenti:
grazie Sergej, grazie..
ho qui un'appassionato di storia ghiotto di revisioni (sta sempre con la bocca spalancata). questo libro sarà un regalo gradito, mi hai risolto un problema
Di niente. Se già non li conosce/conosci, consiglio vivamente tutti i libri di Ginzburg: "Storia nottura", "I benandanti", "Indagini su Piero", "Il formaggio e i vermi", "Il giudice e lo storico", "Miti emblemi spie"...
Testi splendidi, con una capacità unica di unire erudizione e affabulazione.
Se questo fosse un mondo giusti, Ginzburg dovrebbe aver già ricevuto il premio Nobel.
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