domenica 19 luglio 2009

diario d'estate 3 - venezia


Venerdì 3 luglio

6 e 30 del mattino.
Notte agitata. Esame di coscienza: negli ultimi mesi, calo di interesse e motivazione nel lavoro. Poca concentrazione. Andare avanti per inerzia. Preso in un ingranaggio al quale obbedisco controvoglia.
Proposito: impegnarsi per i prossimi mesi, giudicare i risultati. In caso negativo, rimettere l'incarico, dare la possibilità a persone più interessate e motivate (A.C.?). Valutare se è una crisi passeggera o strutturale.

Autostrada. Anonimato che si trasforma in volto umano solo in caso di collisione.

Venezia. Intera giornata su e giù per i ponti con il passeggino.
Cercare le tracce di una città vera (case abitate, donne con la borsa della spesa, famiglie con bambini).
La bellezza inevitabile: la Pala Pesaro ai Frari, la Tempesta all'Accademia, un polittico di Vivarini a San Zanipolo.

In un reliquiario di cristallo a forma di prisma, il piede di Santa Caterina da Siena, mozzato poco sopra il calcagno e deposto in verticale su una trina. Color bianco avorio, con tutte le unghie intatte, l'alluce teso e le altre dita un po' rattrappite. Sembra avere la consistenza di un sasso.

All'Accademia, la bambina di affaccia su una sala piena di Tintoretto e fa una gran cacca nel pannolino. Poi inciampa e comincia a piangere a squarciagola, facendo echeggiare il silenzio felpato delle enormi sale, fino ai soffitti altissimi.

Da un portone esce una ragazza giapponese. Nella penombra si vedono solo le dieci unghie dei piedi, dipinte di celeste fosforescente.

Una sacra conversazione del Bellini, con la pittura liscia e morbida come pelo di gatto. Il Miracolo dello schiavo di Tintoretto, steso a pennellate grasse e baldanzose. L'ultima Pietà di Tiziano, grumi di colore simili a materia organica in meiosi.

Nei quadri veneti del Quattro e Cinquecento, trascuro spesso le figure e mi incanto sugli sfondi: cieli, campagne, casolari, castelli, nuvole azzurre e rosa, alberi dal tronco slanciato come corpi di ragazze, oppure una stanza con la finestra aperta, la luce che entra di taglio sugli oggetti quotidiani. Oppure il buio, quella tenebra catramosa da cui uomini e oggetti emergono in color terra di Siena bruciata, come da acqua torbida.

Sulla tomba di un doge: “amator iustitie pacis et ubertatis”. Popolo di mercanti...

Tutto intorno a Venezia, chilometri e chilometri di binari, cemento, svincoli, palazzi con facciate di acciaio e cristallo, afa, residui di combustione, ferro arroventato, ciminiere, acqua inquinata, nemmeno un albero.
La gente aspetta l'autobus in un paesaggio postatomico.

1 commento:

ghzk ha detto...

a fine novembre. a fine novembre, li ricordo bene. a fine novembre di un paio d'anni fà ho visto a Venezia alcuni nonni aspettare i nipotini all'uscita di scuola.