venerdì 17 luglio 2009
diario d'estate 2 - sole, acqua
Mercoledì 1° luglio
La piazza esagonale di Palmanova è un'immensa piastra da barbecue arroventata dal sole. Il paese, imprigionato nella sua griglia geometrica, trasmette un senso di solitudine e abbandono.
Mangiamo kebab da un tunisino simpatico e chiacchierone.
Un punto internet. Trovo una mail della relatrice. Dice di avermi scritto tre giorni prima e di essere seccata per non aver ricevuto risposta (benedetta donna, gliel'avevo detto che non avevo il computer dietro, di chiamarmi al cellulare). Mi accusa di essere andato in ferie dimenticandomi di fissare una serie di impegni importantissimi per la settimana in cui rientrerò. Tento una risposta conciliante, le assicuro che è tutto a posto, che alle poche cose in sospeso provvederò per tempo.
Però è vero che me ne sono dimenticato. Ed è significativo, perché non è da me. Mi sono sempre vantato di una precisione al limite della pignoleria, e una trascuratezza del genere è sintomo chiaro di un disagio.
Mi resta addosso un senso non solo di irritazione, ma di fastidio acuto, di costrizione, l'angoscia di non essere del tutto padrone delle mie azioni. Per l'ennesima volta, mi viene voglia di mollare l'università e di tornarmene al mio tranquillo posticino di professore al liceo. Forse è davvero il momento.
Redipuglia. Appena iniziata la salita, ci sorprende un acquazzone feroce, con cielo scurissimo, vento e lampi. Arriviamo fradici a un bar, avvolgiamo la bimba terrorizzata in un asciugamano.
Da qualche parte, su quella collina di marmo frustata dalla pioggia, ci sono le ossa del mio bisnonno.
Torniamo verso la costa, il cielo si rasserena e la giornata ridiventa estiva. L'aria calda rende ancora più insopportabile il contatto con i vestiti bagnati.
Riacquisire la coordinazione occhio-mano necessaria a colpire la zanzara in volo, poi correre a cancellare sotto l'acqua la stria di sangue esplosa dall'insetto.
Verso l'ora del tramonto, dei pesci che non riusciamo a individuare (orate? triglie?) cominciano a fare salti fuori dall'acqua. Sfondano la superficie dorata, si stagliano nell'aria e si reimmergono con uno scroscio, lasciando un cerchio di onde nell'acqua pigra e oleosa.
La carta dei libri, si dice, fra cinquanta (o cento?) anni sarà corrosa dagli acidi dell'inchiostro. La carta di giornale dura poche settimane. E internet? E questo blog?
Un crescendo di fronde smosse annuncia l'arrivo di una pigna, che finisce sulla sabbia con un tonfo attutito.
L'irritazione, sommata alla stanchzza, mi fermenta dentro fino all'ora di dormire, creando un groppo malsano alla bocca dello stomaco. Mi aiuta a prendere sonno il solito pensiero (che in fondo siamo atomi, che l'universo se ne frega, che con noi o senza noi le galassie continuano il loro moto). Quello, e un'altra cosa che non dico.
Regola aurea: mai pensare ai problemi quando è buio e si è stanchi morti.
Giovedì 2 luglio
Udine. Un altro acquazzone, che stavolta ci trova preparati.
Il campeggio consente all'uomo civilizzato di godere dei benefici del ritorno alla natura (vicinanza di vegetali e animali, più o meno esteticamente gradevoli) e di liberarsi di alcuni obblighi della civiltà (es. il vestiario) senza rinunciare ai suoi comfort più essenziali.
Su Repubblica di oggi, Jonathan Franzen parla di JR, libro di William Gaddis appena tradotto in italiano. Trattasi di un “un romanzo di 726 pagine contenenti quasi per intero discorsi e voci che si sovrappongono, senza virgolette, senza una forma narrativa convenzionale di alcun genere, [...] senza nessuna interruzione e suddivisione in capitoli, senza nemmeno una pausa, ma soltanto migliaia di trattini ed ellissi, un cast di decine di personaggi e una trama assurdamente complicata basata sull'Anello di Wagner e incentrata sull'impero imprenditoriale plurimiliardario di un undicenne di Long Island di nome JR Vansant”. Franzen confessa di aver abbandonato il libro a metà lettura.
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3 commenti:
no sergej...non mollare l'università....!!
ma se sarà maschio non chiamarlo Kebab !
vorrei lasciare qualche commento anch'io ma non trovo dei tasti sussurri (per non disturbare quei pesci)
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