giovedì 11 giugno 2009
amore e tempo - 1
Orazio, Odi, I, 25
Parcius iunctas quatiunt fenestras
iactibus crebris iuvenes protervi,
nec tibi somnos adimunt, amatque
ianua limen,
quae prius multum facilis movebat
cardines. Audis minus et minus iam:
‘Me tuo longas pereunte noctes,
Lydia, dormis?’.
Invicem moechos anus arrogantis
flebis in solo levis angiportu,
Thracio bacchante magis sub inter-
lunia vento,
cum tibi flagrans amor et libido,
quae solet matres furiare equorum,
saeviet circa iecur ulcerosum,
non sine questu,
laeta quod pubes hedera virenti
gaudeat pulla magis atque myrto,
aridas frondes hiemis sodali
dedicet Euro.
* * *
Sempre più rari alle finestre chiuse
battono colpi i giovani sfrontati,
non ti rubano più il sonno, e resta ferma
sulla soglia la porta
che prima così spesso si muoveva
sui cardini. Ormai non senti quasi più:
“Io che son tuo consumo lunghe notti,
Lidia, e tu dormi?”.
Sarai tu a supplicare un adultero arrogante,
vecchia e disprezzata, in un vicolo solitario,
mentre il vento di Tracia impazza nelle notti
di luna nuova
e l'amore e la foia ti bruceranno
come infuriano le madri dei cavalli
e ti morderanno il fegato piagato
e piangerai
perché la lieta gioventù ama l'edera
verde e lo scuro mirto
e abbandona al vento invernale
le fronde inaridite.
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3 commenti:
dici che i poeti sono dei gran depressi...ma a vedere le ultime due poesie di Orazio mi domando se non trattasi della ciclotimia :-)
"Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes." (Walt Whitman"
capita anche a me di non condividere le mie idee
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