Visualizzazione post con etichetta jazz people. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta jazz people. Mostra tutti i post

mercoledì 12 agosto 2009

jazz people 6 - mad professor

Chiariamo subito: qui si parla di un grande. Di uno di quelli fondamentali, uno che il jazz ce l'ha tutto sulla punta delle dita. Una vera enciclopedia vivente. E anche simpatico, quando arrivi a conoscerlo, un romanaccio di quelli veraci.
Però è un pazzo scatenato.
La mia prima esperienza con lui fu a un corso di musicologia. La lezione cominciava alle nove; lui alle otto e trentacinque entra in classe e mette su un disco di musica contemporanea (credo fosse Ligeti). Poi rimane venticinque minuti ad ascoltarlo perfettamente immobile, con gli occhi semichiusi. L'atmosfera della stanza era quella di una sala frigorifera. La gente arrivava e andava a sedersi in punta di piedi, timorosa persino di far cadere una penna.
Alle nove in punto, MP riapre gli occhi, legge l'elenco delle persone iscritte al corso e constata che ne mancano due. Va in paranoia. “Non capisco, non capisco. Non capisco proprio perché mai queste persone non siano ancora arrivate. Non capisco”. Dopo qualche minuto, qualcuno gli chiede timidamente se per caso non si poteva cominciare lo stesso.
“No”, risponde lui. “Perché in questo corso sentirete cose che non potrete più sentire da nessun'altra parte. Ogni parola che vi dirò è indispensabile”.
Devo dire, onestamente, che aveva ragione. Il soggetto del corso (circa dodici ore, divise in tre o quattro giornate) fu: una teoria unificante che spiegava e analizzava tutta la musica di tutti i paesi del mondo dal Paleolitico ai giorni nostri. Con diramazioni in campi come la psicologia cognitiva, la neuropsichiatria, la linguistica chomskiana, la teoria degli universali linguistici, l'etnografia, l'antropologia, la biologia evoluzionista e la genetica.
Non so quanti siano sopravvissuti.
Ho sentito dire che una volta, durante un corso a Roma, MP dovette assentarsi dall'aula per qualche minuto. Uscì e chiuse a chiave, dall'esterno.
MP è un fanatico delle tecnologie di registrazione. Possiede praticamente ogni incisione jazz realizzata dal 1917 ad oggi, quasi sempre nel formato originale. Ha tutti i più moderni software di editing sonoro e una collezione di giradischi, mangianastri e lettori capaci di far suonare qualunque supporto discografico prodotto da Edison in poi.
Conosce a memoria le discografie di tutti i musicisti jazz, compresi quelli che hanno inciso cinque tracce su un 78 giri nel 1924 e poi sono morti alcoolizzati; però non è in grado di ricordare una faccia, neanche dopo averla vista per dieci volte di seguito.
Le ultime notizie che ho di lui sono che ha mollato tutto e se n'è andato in Messico, a studiare non so più che cosa.

giovedì 6 agosto 2009

jazz people 5 - l'uomo solo

Lo invitai a lungo ad una conferenza che stavo organizzando.
Mi rispondeva sempre di non potermi dare conferma, perché “in quel periodo sono solo in redazione e non posso assentarmi”.
Alla fine, avendo necessità di comunicare un programma definitivo, invitai altre persone.
Però, poche settimane prima dell'evento, gli mandai un ultimo invito, dicendo che mi avrebbe fatto piacere se avesse comunque partecipato a una tavola rotonda che avrebbe chiuso la conferenza.
L'Uomo Solo mi rispose con una mail molto piccata, in cui affermava di non aver intenzione di venire “perché, a quanto vedo, non mi viene richiesto alcun contributo di rilevanza scientifica”. Contributo che io gli avevo chiesto, invano, per mesi e mesi.
“Capirà”, continuava, “che non posso certo spostarmi per una semplice tavola rotonda”.
Il mio “vaffanculo”, purtroppo, rimase nella tastiera.

venerdì 31 luglio 2009

jazz people 4 - il guastatore semantico

Chissà che fine ha fatto il Guastatore Semantico. Una volta i suoi articoli si leggevano un po' dappertutto, e veniva spesso invitato anche a scrivere i testi dei booklet e le note di copertina per i cd di una casa discografica piuttosto conosciuta.
I suoi primi pezzi li lessi grazie all'amico Vincenzo, che me ne passò qualcuno durante un corso di giornalismo. Non lo ringrazierò mai abbastanza, per avermi offerto al contempo un infallibile antidepressivo, del tutto scevro di effetti collaterali, e un cristallino modello di come non si deve scrivere.
La caratteristica di GS era quella di attingere a un archivio – a dire il vero piuttosto limitato – di frasi preconfezionate e aggettivi multiuso. E fin qui niente di strano, dato che purtroppo la pratica è molto, ma molto diffusa. Ma quel che distingueva GS da tutti gli altri era che le frasi erano totalmente prive di senso e che lui le accostava in maniera rigorosamente casuale, con supremo sprezzo della sintassi e della coerenza.
Il risultato erano vere e proprie perle dadaiste, di cui riporto qualche esempio. Giuro che sono tutte autentiche.

Il brillante delineare con venusta spigliatezza e tersa freschezza d’esecuzione in un coordinato e crescente giustapporre felici prospettive sonore, dall’avvincente e luminoso rintoccare tra facondia e savoir faire, del pianista *** si schiude e spazia impressivo con magic touch e trascelto sciorinare nel cd “***”.

Il sound limpido e il periodare al contempo fantasioso e coordinato di *** al pianoforte, il protendersi corposo e propulsivo di *** al basso elettrico e il drumming ora diafano, ora scandito, di *** si integrano in un sodalizio in cui feeling ed efficacia si fondono con validi risultati in un percorso musicale a cavallo tra jazz elettrico e jazz acustico.

*** è un pianista dal fraseggio che si inoltra con continuità e coordinazione e che si protende con limpidezza di slancio in avanti e denota un sound cristallino; non dimeno è attento a mantenere, nella sua sensibilità jazzistica, un filo conduttore nello svolgimento delle sue improvvisazioni ed è pronto a piazzare “l’apertura” giusta al momento giusto. *** al basso si segnala per il sound elastico e dal corposo e definito risonare: ha un buon “tiro” e il suo periodare è raccordato e inanellato con coesione e sicura tenuta d’esposizione. Il netto e secco scandire di *** on drums vede dare, da parte di questo musicista, un’impostazione diretta ed efficace ai pezzi, ed altresì si rivela partecipe e pronto ad intervenire con diafano dinamismo nei momenti più jazzistici.

Con ben tornito brio, il sassofonista *** delinea e sviluppa efficaci scenari in jazz. Impegnato per lo piu' al sax alto, *** disegna con verve coinvolgenti spirali d'alea,con freschezza e un terso disegno sonoro, dall'accattivante inoltrarsi e accendersi, con determinazione e armoniosa continuità di sbocchi. Discorsivo e sgusciante, il periodare di *** si invola con crescente scioltezza e jazz feeling, con sound brillante e frizzante e in alcuni brani ospita il sound generoso e corposo di *** al sax tenore. Fine e descrittivo, fluendo con limpidi rivoli improvvisativi al sax soprano, al sax alto *** sciorina un fraseggio ben allineato e coerente, dall'avvincente e chiaro evolversi, e puo'contare sul dipanarsi e discorrere dei flussi improvvisativi di *** al piano e sul versatile supporto del pulsare partecipe del ben bilanciato sospingere di *** al contrabbasso e di *** alla batteria. *** si fa apprezzare per la coesione e la tenuta di conduzione dei suoi interventi, in cui amalgama scioltezza, inventiva e bellezza di linguaggio in un divenire d'alea compiuto e inebriante nel contempo.

Mi rimane però un dubbio: se GS fosse un sofisticato provocatore surrealista, oppure soltanto un tragico idiota.

lunedì 27 luglio 2009

jazz people 3 - il grande critico

Il Grande Critico rifiuta di fare bignami. I suoi corsi, dice, sono per chi è in grado di capirli.
I suoi giudizi sono rasoiate: perentori, assoluti, paradigmatici, apodittici, trancianti. “La musica brasiliana fa schifo”, sentenzia, e la questione per quanto lo riguarda finisce lì.
Rifiuta la musicologia perché, dice, “un'analisi musicologica può solo vedere quel che già c'è”. Come se fosse poco.
Invitato a un convegno, GC pretende una stanza con tende e scuri alle finestre: “Ho bisogno del buio assoluto, perché la mattina dormo sempre almeno fino alle dieci”. Di conseguenza, il suo intervento al convegno non potrà in nessun modo aver luogo prima delle undici.
Perché lui è GC, e noi non siamo un cazzo.

sabato 11 luglio 2009

jazz people 2 - il cafone sul piedistallo

È un cafone: rozzo nelle parole e nei modi, maleducato, tracotante, sboccato, diventa viscido e insinuante solo con quelli che gli servono, finché gli servono. Ma è arrivato, per motivi inspiegabili (o forse spiegabilissimi) su un piedistallo, uno dei più alti del jazz italiano e mondiale.
Il Cafone sul Piedistallo (CP) va a un concerto, da lui stesso organizzato, e disturba chiacchierando ad alta voce.
Invita artisti infami per fare cassetta, salvo poi sparlarne nel backstage. A chi lo critica, risponde che se il festival non gli piace, l'anno prossimo può anche non venire; perché sa che, comunque, tutti ci verranno.
Una volta CP aveva organizzato, in un'enoteca, un concerto di quel gran signore di Renato Sellani. Durante l'intervallo avvicinai Sellani e gli chiesi un'intervista che lui, gentile come al solito, mi concesse volentieri. Dopo cinque minuti CP si avvicinò, prese Sellani sottobraccio e, senza degnare me di uno sguardo, senza dare a lui il tempo di salutarmi, se lo portò via.
Vidi una volta CP maltrattare protervamente un tecnico del suono, un uomo di cinquant'anni, perché pioveva e si era dimenticato di coprire un mixer con il telo impermeabile. Erano entrambi su un palco all'aperto, davanti a quattro o cinquecento persone, e CP lo chiamava coglione, pezzo di merda, testa di cazzo, lo minacciava di licenziarlo e mandarlo affanculo. Il tecnico, un omaccione, ascoltava a testa bassa, come un gregario davanti al suo padrino.