Tant'è vero che sarebbe del tutto legittimo rispondere con una tautologia: la canzone non è poesia, perché è canzone.
In realtà, la domanda è solo il mascheramento di un'altra: se la canzone sia/possa essere arte.
Molti cantautori si schermiscono di fronte a queste domande (che, oltretutto, aprirebbero un dibattito vertiginosamente impervio su che cosa sia o non sia l'arte): De Gregori, ad esempio, ha affermato più volte che dire "la canzone è poesia" significa non aver capito niente né della canzone né della poesia; De Andrè sosteneva che solo due tipi di persone continuano a scrivere poesia dopo i vent'anni, i poeti e gli idioti, e che per questo lui aveva preferito fare il cantautore.
Altri si rifugiano dietro formule come "il mio è semplice artigianato", rivendicando il nobile e per niente scontato mestiere necessario a confezionare un successo pop(olare). "Una leggera perfezione", la chiamava un mio amico che fa il critico musicale, e la formula si adatta magnificamente a piccoli gioielli come Peg degli Steely Dan, I'll Never Fall in Love Again di Burt Bacharach, Um Indio di Caetano Veloso, You Are the Sunshine of My Life di Stevie Wonder, The Boxer di Simon & Garfunkel, All I Want di Joni Mitchell o Samba do Aviao di Jobim e De Moraes.
Ma tornando a noi: la canzone è poesia?
Direi di no. Per il semplice fatto che il testo di una canzone raramente ha una sua autonomia metrica, ritmica, fonetica. Spesso anche i testi migliori, a una semplice lettura priva della musica, suonano goffi, sordi, zoppicanti. Hanno bisogno di incastrarsi in una scansione musicale per trovare una vera efficacia. Del resto, basta pensare a che cosa è riuscito a fare Vincenzo Bellini con il testo di Casta diva: trasformare una marcetta di ottonari, zompettanti come un reggimento di marmittoni ("Casta diva che inargenti / queste sacre antiche piante / a noi volgi il bel sembiante / senza nube e senza vel") in una delle effusioni melodiche più pure e ipnotiche dell'intera storia della musica occidentale.
(E il riferimento al melodramma non è casuale: la romanza, l'aria d'opera, sono una delle fonti della musica leggera italiana, insieme a quel miracolo musicale e poetico che è la canzone napoletana; per il pop americano, al posto dell'opera c'è quello che è un po' il suo equivalente d'oltreoceano: il musical di Broadway e la canzone di Tin Pan Alley, su cui si innesta la robusta matrice della tradizione afroamericana, dal blues al rhythm'n'blues e via dicendo).
Insomma, il testo di una canzone raramente funziona da solo (mentre, chissà perché, è più frequente che la musica lo faccia: forse perché la musica, priva di contenuto semantico, è forzata ad obbedire alle proprie regole sintattiche, anche più rigide di quelle metriche).
Se invece la domanda è: "la canzone è (può essere) arte?", allora la risposta è "sì". George Brassens, Jacques Brel, Leonard Cohen, Tom Waits, Joan Manuel Serrat, Victor Jara, Luigi Tenco, Piero Ciampi, Ivano Fossati, Vinicio Capossela, Pino Daniele, Gianmaria Testa, Mogol e Battisti (sebbene io non ami particolarmente Mogol) hanno scritto canzoni che attingono senz'altro alla sfera dell'arte.
Solo che quest'arte non è "poesia", né soltanto "musica", ma qualcos'altro che si chiama, per l'appunto, "canzone".
Si potrebbe obiettare che il legame tra poesia e musica è antichissimo, che i poemi omerici e le tragedie greche venivano intonate, così come le saghe norrene, le improvvisazioni in ottava rima dei poeti toscani o sardi, e in generale quasi tutta l'epica popolare di quasi tutte le tradizioni del mondo.
Però, nella cultura occidentale, questo legame tra poesia e musica si è perso ormai da secoli. Gli ultimi, forse, furono i trovatori provenzali, ma già un paio di generazioni dopo, ai tempi della scuola siciliana e di Dante Alighieri, la poesia era diventata un affare scritto, al massimo declamato, ma non più intonato.
Tutt'al più poteva succedere che si mettessero in musica poesie preesistenti: i madrigali dell'Ars Nova, il celebre episodio di Casella nel Purgatorio, le tante poesie di Petrarca o di Tasso musicate dai grandi compositori del Rinascimento, da Orlando di Lasso a Luca Marenzio o Gesualdo da Venosa, giù giù fino al lieder romantico.
Ma il testo non nasceva più insieme alla musica o per la musica, come invece accade per la canzone. Che, proprio per questo, può essere un'arte alla pari della poesia, ma non è, di per sé, "poesia".