Confesso: ho sempre trovato Renzo Arbore sostanzialmente simpatico. Le sue trasmissioni, con la loro allegria caciarona, hanno portato aria nuova nella TV italiana, e l'uomo ha senza dubbio una cultura musicale superiore alla media dei suoi colleghi (non che ci voglia molto, ma vabbè). Anche la sua musica – che sia ggezz o canzone napoletana o una delle solite goliardate – può riuscire gradevole, se la si prende per quello che è, nella sua simpatia macchiettistica.
Il problema è quando una macchietta viene elevata a metrapensé. E la gente, poi, gli dà retta.
Ad esempio “Da Palermo a New Orleans... e fu subito jazz” è, senza mezzi termini, una porcata. Perché pretende di demolire in un solo colpo, a suon di battutine, disinformazione, mezze verità e falsi ideologici, decenni di seria ricerca musicologica, che hanno dimostrato l'enorme e sostanziale apporto afroamericano alla musica del Novecento.
Su "Tracce di jazz" comparirà, ogni lunedì a partire da questa settimana e a cadenza bisettimanale, un lungo saggio di Gianni Morelenbaum Gualberto sull'argomento (qui la prima puntata e qui una sua lettera comparsa a suo tempo sul Correre della Sera). Non sto a spiegarvi chi è Gualberto: vi dico solo che è un uomo dal carattere pieno di spigoli, ma anche uno studioso dalla competenza sconfinata per estensione e profondità, una vera enciclopedia vivente in ogni campo della musica – e non solo.
Il problema è: quanta gente darà ascolto alle fanfaronate di Arbore, e quanta alle argomentazioni di Gualberto? Lo so, è una domanda retorica, ma io che ci posso fare?
Nessun commento:
Posta un commento