lunedì 9 settembre 2013

i figli di Mazinga



Ogni tanto mi chiedo che cos'è che unisce una generazione. La mia generazione, nella fattispecie: io sono del 1975, quindi diciamo grosso modo i nati negli anni Settanta.
E penso: la crisi energetica? No, eravamo troppo piccoli per ricordarcela. La guerra fredda? L'abbiamo vissuta solo di striscio. La perestrojka, il muro di Berlino? Forse, ma qui navighiamo già in sfere troppo alte, io cercavo qualcosa di molto più basico. Il grunge, il brit-pop? Ci siamo quasi, ma è già roba della tarda adolescenza, serve qualcosa di più vicino alla radici.
E allora, a forza di andare indietro, mi rendo conto che la mia è la prima generazione che ha foggiato i propri miti personali sui cartoni animati giapponesi. Non la prima legata alla televisione, perché anche quella dei miei genitori potrebbe citare Canzonissima, Lascia o raddoppia o I promessi Sposi con Renzo-Nino Castelnuovo e Lucia-Paola Pitagora. Il vero mito di fondazione dei miei coetanei sono gli anime.
Prima di tutto, i mecha, i robottoni. Volete una prova? Accennate a un trenta-quarantenne le prime note della sigla di Goldrake, Mazinga, Jeeg, Daltanius, Trider G-7 o Daitarn 3, e vedrete se non gli si inumidiranno gli occhi (per le ragazze, credo valga più o meno lo stesso discorso per Candy Candy e Lady Oscar).
La mia generazione è stata la prima a terrorizzarsi con le tre dita di Bem, a costruire il proprio immaginario erotico sul micro-bikini di Lamu e sulle clamorose poppe di Fujiko (oltre che sulle pagine dell'intimo del catalogo Postalmarket: ma questa è un'altra storia, una storia di prima di internet e di YouPorn), a esaltarsi nell'ultra-violenza dell'Uomo Tigre, a legare le proprie memorie musicali più remote alle canzoni degli Oliver Onions, dei Cavalieri del Re e di Katia Svizzero (il regno del terrore di Cristina D'Avena era ancora di là da venire). Tutti abbiamo condiviso quei lunghi pomeriggi degli anni Ottanta, tra compiti e merendine, mentre là fuori Reagan demoliva la sanità pubblica, Craxi spianava la strada al berlusconismo e i paninari preconizzavano il Nulla che ormai ci ha sopraffatti.
Fra tanta roba, diciamolo, immonda, e fra altrettanta mediocre, ogni tanto passava qualche bel prodotto, e anche qualche capolavoro. “Conan, il ragazzo del futuro”, ad esempio: splendida saga post-apocalittica del grande Hayao Miyazaki, con le sue consuete venature utopiche ed ecologiste. “Sam, il ragazzo del West”, un violentissimo spaghetti western che, per me, si coniugò subito con la mia passione per Tex Willer. “La principessa Zaffiro” e “Simba il leone bianco”, con il segno grottesco e un po' inquietante di Osamu Tezuka. Il cupo “Galaxy Express” di Leiji Matsumoto. “Capitan Futuro”, anime fantascientifico dai toni decisamente adulti. “Gundam”, che era fantascienza realistica, con forti risvolti sociali e un deciso messaggio pacifista. E persino lo scanzonato “Lupin III”, con i suoi personaggi allegramente amorali, o l'entomologia sorprendentemente accurata dell'Ape Maia.
Ora, a questo punto dovrei dire che sì, però, nel frattempo leggevo anche Dumas, Verne e Salgari. E no, non lo dico, anche se sì, li leggevo eccome. Però è anche vero che ho conosciuto il cartone di “Huck e Jim” molto prima di sapere chi fosse Mark Twain; seguivo il funereo Remi senza avere la minima cognizione del feuilletton di Hector Malot (lo scoprii molto dopo, recuperando a casa di mia nonna una polverosa edizione degli anni Cinquanta, in cui il protagonista si chiamava Remigio, ma per il resto la storia era quella), la rosso-paffuta Heidi beatamente ignaro dei romanzi di Johanna Spyri e la tristissima Anna dai capelli rossi del tutto inconsapevole di Miss Lucy Maud Montgomery.
Quel che voglio dire è che ognuno ha i suoi miti. Non quelli che si merita, ma semplicemente quelli che gli sono capitati.
A ripensarci, però, c'erano altri due cartoni animati che passavano sempre verso Natale e che non mi perdevo mai. Erano entrambi di Bruno Bozzetto: “West and Soda” e “Vip mio fratello superuomo”. Rivedendoli da adulto, ho scoperto due capolavori di finezza, umorismo surreale e satira politica. Ma questa è un'altra storia, e ve la racconterò un'altra volta.

4 commenti:

amanda ha detto...

io sono figlia di viva la pappa col pomodoro poi anche di Avventura e dei ragazzi di padre Tobia e soprattutto di GULP

sergio pasquandrea ha detto...

Gulp me lo ricordo anch'io. Pensa che ho comprato ai miei bimbi tutti i DVD delle vecchie puntate.
E ovviamente c'erano anche Orzowei, Sandokan e compagnia bella.
Però, secondo me, gli anime sono il nostro vero mito di fondazione.

amanda ha detto...

avevo l'album delle figurine di Sandokan :)

sergio pasquandrea ha detto...

Kabir Bedi che strippa la tigre al volo fa parte dei miei più remoti ricordi d'infanzia, insieme alla sigla di Orzowei.