quell’aria cordiale che ci carezza
e bilancia la mancanza
ascolta l’usignolo che canta e ora cala nel nido
si svegliano i cuori gli uni verso gli altri freddi
nell’inverno più lungo e ulcerato
nei mesi ospedalieri
crollate le borse come piramidi di muschio
muti i merli
ci sarà la crescita di ogni cosa viva
si gonfieranno i gusci e le gemme
i rami irromperanno nel cielo
i bulbi cocciuti dei ciclamini esploderanno nei boschi.
Si potrà rimettere i piedi a terra
abitare il nostro luogo
fede è sostanza di cose sperate di cose reali e vere
non verseranno acqua come sangue le viti
per tempo potate e colme
non piangeranno le viti e il cielo ferito.
E il bel tempo ritorna
con i giorni delle primizie le foglie
e i gentili fili d’erba
saranno i giorni freschi come rose saremo liberi dai mali
se la mitezza colmerà le inutili offese
se aumenterà la cura della grazia
potrà sostenere la pazienza sempre più rara
ogni io troppo pieno che non sa indietreggiare
ogni forte che si considera il migliore
e non riuscirà il sibilante disincanto a troncare gli sforzi
di rifare la vita nuova
abbiamo già provat a immaginare l’irruzione nuova
a spalare i relitti dell’inverno al bordo della strada
non ci stancheremo di ripetere lo stesso verso
di mettere toppe e rammendi a quel che va perduto
agli andati veloci via agli anni agli amori
a cucire i graffi e le ferite
saremo risarciti sì se passiamo la soglia dell’inverno.
E poi ritorni a primavera dolce vita intera
visiteremo insieme i luoghi già visitati
indovineremo ancora una volta la bellezza trascorsa
faremo silenzio svegliandoci e faremo ancora silenzio coricandoci
si aprirà sull’Europa un cielo più ampio
si calmeranno gli uomini e le onde solcheremo i mari crespi d’azzurro
non mancheremo di nulla.
Un vento nuovo già scuote e fa ruotare i punti di vista-luce
soffiando su Roma prostrata
saranno cose le parole saranno sbalzate nel bronzo-tempo
non si potrà sempre domare la parola così sacrificata
cacciata dai cambiamonete
si potrà credere ancora e nonostante tutto
nonostante l’uomo-lupo che scorazza libero nell’epoca
nonostante quello che ci hanno trafugato e il tempo tanto eroso
il fango-tramonto che gli occhi punge e fa sempre male
i morti avranno il sole il tocco della luce i poveri i dolci frutti sui rami
verrà sì verrà la vita eterna vera di marzo.
E si udrà il ruggito della belva occidentale
con prontezza di,
con speranza di,
con la morte di,
ci ritroveremo insieme a schivare il controvento
tra le pianticelle cresciute sulle schegge del dolore
per una fresca preghiera di misericordia
per sventagliare l’alfabeto nel cielo celeste
per chiedere a Dio che siano le braccia luminose ali.
Gabriella Sica (da "Le lacrime delle cose", 2009)
7 commenti:
fratelli Limbourg, che primavera di colori.
(questa poesia non mi piace ma ti risparmio miei commenti sgrammaticati)
ps: ho visto che l'autrice insegna alla Sapienza, è forse stata la tua professoressa, ti sei laureato a Roma ?
psps: scusa questa curiosità..terrena..
No, conosco questa poetessa solo di nome. Ho studiato a Perugia.
hm..ci ho resistito una dozzina d'anni.
chissà, forse abbiamo visto gli stessi concerti jazz. solo che io non ne capisco nulla, ascolto. pare che alle mucche piace Mozart, ci sono delle scimmie che amano dipingere
Io sono arrivato a PG nel 1993, diciottenne e matricola, e sono ancora qui, sposato e padre di famiglia.
Pugliese, diciottenne e matricola. arriva a PG. nel 1993 riparte, sposato e padre di famiglia. mio marito.
(la Puglia che racconti e a cui sono molto affezzionata è uno dei motivi che mi hanno trattenuta in questo blog. ho fatto leggere a mio marito le tue poesie in pugliese, mi ha fatto da interprete)
Posta un commento