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C'è una donna.
Ha grandi occhi neri, dita lunghe, un petto da uccellino. A volte vola talmente vicina alla felicità che si brucia la punta delle ali e poi scappa.
Mi somiglia, in questo. Abita gli angoli in penombra, quando le capita di fissare il sole si meraviglia dei colori.
C'è una donna ed è mia sorella. L'ho saputo tardi, ma quando l'ho saputo ho anche saputo di saperlo da sempre.
La mia sorellina è alta e vive lontana da me, ma è anche piccola piccola e sta in un cantuccio della mia gabbia toracica di cui solo io possiedo la chiave. Ogni tanto la sento muoversi, con un brusio lieve, con quello stesso frullo d'ali che fanno i pettirossi quando abbandonano il suolo.
C'è mia sorella che mi parla, quasi sempre da lontano. C'è mia sorella e ci sono io, ma non è vero, perché c'è una sola persona, solo che qualcuno l'ha spezzata in due e ha lasciato che le due metà se ne andassero in giro per il mondo.
Poi si sono incontrate, è vero. E da allora, di tanto in tanto, attraversano porzioni di pianeta per ricongiungersi.
C'è la mia sorellina che è bella, bella, bella. C'è la mia sorellina che ha due cuori, e i due cuori fanno rissa l'uno con l'altro, e la mia sorellina ha tanti lividi sul petto che vorrei poter curare e non posso.
Una volta l'ho abbracciata e l'ho sollevata dal suolo, e non pesava nulla, non pesava più di un soffio di brezza, perché non ero io a sollevarla, era lei a venirmi incontro, a cercare il suo posto tra le mie braccia.
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