...sono quelli che fanno più male.
Apprendo solo ora che un mese fa, il 12 luglio, è morto Valter Binaghi. Avrebbe compiuto cinquantasei anni due giorni dopo e - apprendo ora - era malato da tempo.
Non
l'avevo mai incontrato, se non sul web. Le prime volte era stato su
Nazione Indiana, dove lui spesso interveniva con la sua intelligenza affilata e provocatoria. Era qualche annetto fa, e io avevo interloquito con
lui con la spocchia di un trentenne che crede di sapere tutto.
Ovviamente non avevo capito un accidente.
Poi
cominciai a seguire il suo blog (non cercatelo, perché l'ha cancellato
lui, per una serie di ragioni lunghe da spiegare: quel che ne resta è qui; qui
c'è quello di sua moglie, la scrittrice Roberta Borsari). Mi sono reso conto che
non ero d'accordo con lui su quasi niente, ma allo stesso tempo ho
cominciato a stimarlo, per la passione e la coerenza che
metteva in tutto ciò che faceva. Era uno che aveva il coraggio delle proprie idee e che le difendeva a viso aperto.
Valter
era stato vicino all'estrema sinistra negli anni Settanta, poi aveva
passato una brutta storia di droghe e ne era uscito come una persona
nuova, attraverso la religione cattolica. Per vent'anni non aveva più scritto, ma aveva ripreso negli ultimi dieci o quindici: su Wikipedia,
trovate un elenco dei suoi libri. Faceva anche il musicista blues e,
soprattutto, insegnava storia e filosofia a scuola. Insomma, ce n'era abbastanza
per rendermelo simpatico.
Parecchi suoi libri
avevo in programma di leggerli, e non l'ho mai fatto. Speravo, prima o
poi, di incontrarlo di persona, e ora sarà impossibile.
Si può sentire, lo apprendo ora, la mancanza di una persona che non si è mai incontrata.
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