[...] in Pasquandrea, ma sarebbe più preciso dire: nelle stanze di Pasquandrea, non è l’ego dell’autore a dettare le regole, ma una concatenazione di pensieri, situazioni e quelle che si potrebbero definire «ambientazioni». Pasquandrea pratica lo scarto cercando di toccare o quantomeno di avvicinarsi ai limiti delle sue stanze. Ma quei limiti (margini, bordature) provengono dal suo stesso gesto originario che, a sua volta, è un gesto di ritirata e non di avanzamento. Talvolta sembra quasi che ogni stanza possa sdoppiarsi in due ambienti di cui uno potrebbe rimanere una sorta di proprietà privata dell’autore (ma anche questo è un margine) e l’altro invece potrebbe aprirsi all’eventualità di un supplemento e/o alla venuta (intrusione, effrazione) di un ospite. Ma è lo stesso Pasquandrea a disertare di giorno, per sua stessa affermazione, le stanze che abita di notte. Le stanze sono situazioni, accadimenti del nulla e del tutto. Un tutto che si fa cosa sensibile solo se si consegna al nulla, al vuoto che impera. [...]
(leggi tutto l'articolo di Enzo Campi su "La dimora del tempo sospeso")
3 commenti:
che EGO che uomo! ;)
Bello! Bravo.
Caro Sergio, vedi com'è che si scrivono le recensioni vere???
Il blog che la ospita è prestigioso, e non hai motivi per sentirti immodesto.
Complimenti (se non te li avessi ancora espressi).
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