"Le Nuvole" fu il primo disco di De Andrè che comprai. Era il 1990, avevo 15 anni e c'erano ancora gli lp in vinile. Sulla copertina, la foto delle nuvole aveva un effetto di iridescenza poi sparito nella versione in cd.
Avevo scoperto De Andrè qualche anno prima, grazie a una compilation intitolata "Donna d'autore". Uscì nel 1987, era una raccolta di canzoni che avevano nel titolo nomi di donna ed è responsabile anche del mio innamoramento per De Gregori (c'era Alice: devo aggiungere altro?) e del mio rapporto di odio-amore per Battisti (Anna). C'erano anche Gianna di Gaetano, Agnese di Ivan Graziani, Wanda di Paolo Conte, Così non va Veronica di Bennato, e poi roba di Dalla, Ron, Baglioni, e ovviamente Margherita di Cocciante, che da allora cominciai a odiare.
Di De Andrè c'era la traduzione di Suzanne di Leonard Cohen.
"Le Nuvole", letteralmente, lo consumai a forza di ascoltarlo, anche se all'epoca molti dei testi mi suonavano misteriosi, criptici. Ma questo non mi impediva di sentirne l'enorme forza poetica.
Forse quella che capii meglio, allora, fu Don Raffaè.
Ovviamente era la canzone più esplicita e diretta, citava fatti di cronaca (le "Carceri d'oro", la Baggina, chi se le ricorda più oggi?) e c'era anche quella musica decisamente accattivante.
A poco a poco cominciai ad apprezzarne l'ironia, a capire come la canzone giocasse con tutti i luoghi comuni della napoletanità: o' ccafè, Cicerenella, la tarantella. De Andrè la cantava con una voce strascicata, che disegnava con meravigliosa efficacia il ritratto di un napoletano disilluso, arreso allo squallore, inconsapevole della sua stessa miseria morale. La sua massima ambizione era sistemare il fratello disoccupato e "fare presenza" al matrimonio, facendosi prestare il cappotto dal boss della camorra. "Don Raffaè", che ovviamente era, in filigrana, Cutolo. L'uomo "sceltissimo immenso", l'unica autorità morale riconosciuta, nel vuoto di uno Stato che "si costerna s'indigna s'impegna / poi getta la spugna con gran dignità" (passeranno due anni, e nel 1992 due esplosioni in Sicilia faranno capire che quello Stato stava tramando ben di peggio).
Insomma, un capolavoro di sottile, tragica ironia.
Ce n'è anche una versione live in duo con Roberto Murolo, che da quel gran signore che era ne dà un'interpretazione parlata, anzi sussurrata, tristissima.
Ora, mi domando: c'è un modo per distruggere questo capolavoro?
Certo che c'è: darla in mano a un idiota.
Uno che la fraintenda completamente. Uno che abbia l'idea folle di inserirci una penosa imitazione di Totò che fa la marionetta.
Insomma, uno che sia la personificazione proprio di quella napoletanità macchiettistica che la canzone mette in scena con disincantato distacco.
Guardate, e disperatevi.
Oggi…
4 ore fa
5 commenti:
le "Carceri d'oro" - ? !
uno di miei datori di lavoro, proprio a Perugia, era coinvolto nello scandalo di lenzuola d'oro. comunque ne ho per tutti.
buon lavoro
E che dire della versione di Pupo?
grazie per la dedica
Oddio, quella di Pupo non la conoscevo.
E preferisco non conoscerla, onestamente.
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