Da quanto tempo non incontro un'Aplysia?
I fondali, sabbiosi e scogliosi, della mia infanzia erano popolati da telline, cannolicchi, vongole, granchi (ricordo le enormi "pelose", Pilumnus hirtellus, rintanate negli anfratti), pomodori di mare, patelle, ricci, mitili, paguri, cappesante, giovani bavose, meduse dal bellissimo mantello bianco e violaceo. Bastava tirare su una manciata di sabbia, per pescare qualcosa di vivo. Non parlo della preistoria, ma dei tardi anni Settanta-primi Ottanta, tempi di spiagge libere e di macchie di catrame sotto le piante dei piedi, spalmate d'olio per farle andar via.
Ogni tanto si incrociava un'Aplysia (nota anche come “lepre di mare”). Avrebbe ricordato tanto un grosso lumacone nerastro, se non fosse che nuotava aprendo e chiudendo in eleganti ondulazioni il mantello, sotto il quale si intravvedeva il corpo pulsare come un muscolo cardiaco. C'era la credenza che fossero urticanti e velenose (e lo sono, ma solo se ingerite); o, peggio ancora, che si attaccassero malignamente alla pelle di chi tentava d'afferrarle (da cui il nome scientifico).
Ovviamente io non ne conoscevo il nome; né sapevo fosse un animale prediletto dagli scienziati, per via del suo sistema nervoso composto di soli ventimila neuroni; e ignoravo anche che fosse ermafrodita e custodisse al suo interno una delicata conchiglia dai riflessi madreperlacei. A me piaceva osservarle sott'acqua (ero capace di passare ore intere in mare, da solo, con maschera e boccaglio, finché i polpastrelli non mi si riempivano di rughe), prenderle in mano per palparne la consistenza piacevolmente turgida.
Un giorno ne trovai decine e decine arenate sugli scogli. Tutte moribonde. Un uomo e suo figlio le stavano meticolosamente trafiggendo con un ramoscello appuntito. Chiesi perché. “Sono pericolose”, risposero. “Si attaccano alla carne e te la mangiano”. Dissi che le prendevo sempre in mano e non mi avevano fatto alcun male. Non mi credettero. “Sei stato fortunato”, continuavano a ripetere.
Un'altra volta vidi una giovane coppia di fidanzati che ne osservava una, finita chissà come tra le secche presso la battigia. Non osavano avvicinarsi; quando lo feci io, lui mi fermò, allarmato.
Io la raccolsi e la lasciai libera, a qualche metro dalla riva.
Credo sia stata l'ultima volta che ne ho vista una.
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