Lamponi
E non riusciamo a ricordarci l'afa, dimentichiamo
il sudore e come indossassimo una leggerissima
maglietta sulla pelle irritata, e perdiamo
il gusto dei lamponi, ogni inverno; ma
d'un tratto conosciamo, appena scoppia luglio, la vena
che brucia nella tenda, e da quella luce
– blocco di sole su lenzuola calde e peste –
il mondo ardente in cui cammineremo,
era com'era, il tuo tocco. Non il riposo,
non come partimmo, l'ubriachezza, solo
tu che ti fai avanti rigido, goffo, spaventato,
i miei capelli spiegati, le nostre dita intrecciate,
come i primi stupefatti sobbalzi d'afa
o fra i denti, semi, un sapore di metallo.
* * *
Poesia per un uomo senza olfatto
Ti scrivo solo per
informarti:
che la linea più spessa
nelle pieghe della mia mano
ha quell'odore che hanno i
vecchi banchi di scuola,
coi nomi incisi in
profondità, logori e lucidi di sudore;
che sotto lo spruzzo del
mio costoso profumo
le mie ascelle danno una
nota bassa forte
come un colpo di palmo sul
tamburo di una pentola;
che lo sciacquone umido
della mia paura è acuto
come il gusto di un tubo
in ferro, a mezzo inverno,
sulla lingua di un
bambino; e che talvolta,
per la brezza, i capelli
delicati sulla mia nuca
dietro il collo, proprio
dove tu dovresti chinare
la testa, esitare e
strofinare le labbra,
trattengono un profumo
fragile e preciso come
una flotta di navicelle di
carta, che salpa verso il mare.
* * *
Patagonia
Dissi
forse Patagonia, e immaginai
una
penisola, larga abbastanza
per
una coppia di vecchie seggiole
su
cui oscillare all'alta marea. Pensai
a noi
col fiato mozzo dal freddo, di fronte
a un
orizzonte tondo come un soldo, avvolto
in un
ordito teso dai gabbiani
dal
mare al sole. Volevo aspettare
finché
le onde si fossero addormentate
per
la noia, finché gli ultimi cirripedi,
preoccupati
per il silenzio, avessero
pagaiato
via come piccole zattere, finché
quegli
uccelli inquieti, le tue mani da attore,
ti
fossero caduti fiacchi in grembo,
finché
ti fossi girato verso di me.
Quando
parlavo di Patagonia, intendevo
cieli
vuoti un blu doloroso. Intendevo
anni.
Intendevo tutti quanti insieme te.
* * *
Scoppio ritardato
Immaginavo che ti sarei mancata,
pensavo
ti saresti aggirato sul parquet con
delle strane
calze logore, guardato l'orologio
starsene fermo,
fatto tardi al lavoro, scritto il mio
nome tutto maiuscolo
tenuti premuti Maiusc/Interr, perso
autobus e pasti
o seduto con la forchetta a mezza via,
perso, per interi minuti,
ore, dormito male, tardi, sognato
inseguimenti, tremato
mandato le dita a sprimacciare il
cuscino, trovato
il vuoto, svegliato di colpo, girato,
abbracciato un'assenza,
un dolore, passeggiato, alba umida
naturalmente,
avvolto in un impermeabile con il collo
su, sbirciato
una fetta di faccia, fermato un
estraneo, avuto amnesie;
come me. Ogni volta, corro a
schiacciare la tua faccia
sulla mia, la mia, che splende di
pioggia immaginaria.
(traduzioni mie)
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