A Roma, fra il 1924 e il 1928, sette bambine furono rapite, violentate e uccise.
Le autorità fasciste pretesero il colpevole: e fu arrestato Gino Girolimoni, un fotografo trentottenne, colpevole di aver frequentato alcune persone coinvolte nei delitti. A suo carico, furono fabbricate prove false; testimonianze fondamentali per scagionarlo furono deliberatamente ignorate. Il suo arresto fu presentato con toni trionfalistici su tutte le prime pagine.
Dopo un anno di carcere, Girolimoni fu prosciolto, soprattutto grazie all'impegno del commissario di polizia Giuseppe Dosi (che, per inciso, pagò la sua onestà con l'internamento in un manicomio criminale).
La notizia del proscioglimento di Girolimoni fu relegata a pochi trafiletti nelle pagine interne dei giornali. L'uomo non riuscì più a rifarsi una vita e morì in miseria nel 1961.
Nel 1972, Damiano Damiani gli dedicò un film, con protagonista Nino Manfredi.
Per fortuna, al giorno d'oggi queste cose non succedono più.
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